Buon cammino, ragazzi. Salutando gli alunni di terza media

L’ultima lezione dell’anno in terza media mi costa sempre particolare fatica. Quest’anno in particolare. Innanzitutto perché questi ragazzi, nati nel 2007, sono stati davvero bravi. Le mie tre terze medie, la 3° A di Grumello e le due terze, A e B di Telgate, mi hanno dato tante soddisfazioni. Con classi così, far lezione è facile e l’insegnante è stimolato a osare di più, proponendo argomenti e riflessioni che richiedano un particolare impegno da parte dei ragazzi, perché sa che loro non mancheranno di mettersi in gioco. Penso alle lezioni nelle quali, trattando di sacramenti, ci siamo confrontati sull’età di amministrazione del sacramento della Cresima, alle riflessioni sull’esortazione apostolica Amoris Laetitia a proposito del matrimonio cristiano, all’ultimo mese e mezzo di lezione, sul tema della comunicazione, dell’etica che la deve caratterizzare e della comunicazione tramite social networks. I ragazzi erano attenti, reattivi alle mie volute provocazioni, disponibili a un confronto serio.

Bello, è stato bello davvero. Mi mancheranno questi ragazzi, anche se spero di incontrarli di nuovo, magari in Parrocchia, in Oratorio nei gruppi adolescenti, nelle attività sportive o da animatori e animatrici al prossimo CRE. L’ultima lezione ho condiviso con i ragazzi alcune riflessioni. Innanzitutto li ho ringraziati, perché un insegnante può lavorare bene se anche gli alunni fanno la loro parte. Poi, ho detto loro chiaramente cosa vorrei non dimenticassero del nostro anno insieme (li ho infatti avuti come alunni solo in terza media): dei contenuti, possono dimenticare tutto. Dell’insegnante anche. Una sola cosa spero rimanga loro: la passione per l’approfondimento e per il “perché” delle cose. Tutti i miei alunni sanno che la domanda “Perché?” è quella che ricorre maggiormente nelle mie lezioni. Senza approfondimento, senza l’impegno nel capire cosa sta dietro gli avvenimenti, le scelte, i testi… la vita degli uomini e della Chiesa, non si va da nessuna parte. Occorre studiare, fare fatica, impegnarsi in una conoscenza non superficiale.

In un mondo nel quale ci vengono trasmesse quantità enormi di informazioni, la capacità di ricerca e discernimento per determinare quale sia la verità, la giusta ricostruzione dei fatti, l’opzione morale preferibile (che non necessariamente è quella scelta dalla massa) non può essere facoltativa, pena la rovina della vita propria e altrui. Ho poi detto ai miei ragazzi che io avrei potuto certamente fare di più, anche se posso affermare, in coscienza, di aver fatto il possibile. Non posso che dispiacermi per ciò che non ho saputo fare e per le volte che non ho saputo ascoltare e capire abbastanza i ragazzi: tuttavia, questo non deve essere per loro motivo di disimpegno. I limiti del docente, al contrario, devono essere stimolo per i ragazzi per fare di più. Spero abbiano capito che ho voluto loro bene, perché insegnare, che è molto di più che trasmettere contenuti, significa innanzitutto voler bene ai ragazzi che ci sono affidati.

Questo, peraltro, significa anche voler bene a noi stessi, perché nel voler bene a chi avrà tra le mani le sorti del nostro futuro, noi amiamo anche noi stessi e chi verrà dopo di noi. Buon cammino ragazzi: state uniti, studiate, faticate, gioite, amate!