Viviamo giorni difficili, contrassegnati da una preoccupante crescita di episodi di violenza. Alcuni episodi, come quelli del padre ucciso dinanzi a moglie e figlie a seguito di una lite per futili motivi nel centro di Bergamo, così come quello della ragazzina che ha ucciso con una coltellata la mamma per una banale lite durante il montaggio di un elettrodomestico, hanno riempito le pagine di cronaca nera di molte testate giornalistiche. Ma non ci sono solo questi episodi estremi.
C’è una preoccupante crescita di violenza generale che spaventa. Penso alle piccole bande di ragazzini, sorte anche nelle mie comunità, che si divertono a girare schiamazzando per il paese, urlando espressioni blasfeme, danneggiando parchi e segnali stradali, o coprendo di insulti le macchine che passano.
Troppa violenza verbale anche tra gli adulti
Penso al bambino, di 5 anni al massimo, che fuori da un’edicola, nel mio paese, dopo un pianto isterico per un gioco che voleva, quando la madre gli ha promesso di entrare a prendere quanto desiderato, ha affermato ad alta voce: “Se non hanno il gioco entro e spacco tutta l’edicola!”.
Gli episodi sono tanti e, uniti alla violenza verbale che sta sempre più caratterizzando il parlare di adulti e ragazzi, impongono riflessioni e misure educative urgenti.
Quello che qui vorrei sostenere è ciò che innanzitutto non andrebbe fatto, ossia cercare capri espiatori sui quali scaricare colpe nostre.
In questa fase storica l’espressione da utilizzare come un talismano è facile da reperire: “Eh, colpa del Covid. Le chiusure… poveri ragazzi.. devono sfogarsi, non hanno potuto uscire.. non potevano vedere gli amici, non possono andare in discoteca.. è normale!”.
Non bisogna definire “normale” ciò che non lo è
Ecco, io credo che innanzitutto non vada definito “normale” ciò che normale non è! Va ricordato che l’escalation di episodi di violenza fisica e verbale non nasce oggi: basta rileggere qualche titolo dei quotidiani dei due anni precedenti la pandemia per accorgersi che il problema c’era già, e c’era da parecchi anni.
L’educazione è in crisi da tempo, non dal 2020. Al massimo si potrebbe sostenere che il tempo pandemico, con le misure che si sono rese necessarie per il contenimento dei contagi, ha accelerato processi già in atto, facendo esplodere problemi che prima, in qualche modo, coprivamo con altro, anche solo con la lista delle attività che implementavamo.
Sì, una sorta di auto-assoluzione: “facciamo già tanto, non possiamo pensare ad educare in altro modo”. Questo sì, ma il problema c’era già, eccome.
Non è tutta colpa delle limitazioni anti-covid
Dal mio punto di vista, anche l’enfasi eccessiva sulle limitazioni che hanno impedito la socializzazione dei ragazzi ha una sua responsabilità.
Ora, siamo onesti! Nessuno nega che la didattica a distanza sia stata pesante e impegnativa (insegno.. lo so bene, per esperienza personale), così come che agli adolescenti sia mancata la possibilità di stare insieme anche fisicamente, condividendo scuola, esperienze e divertimenti.
Tutto vero, ma esagerare è un errore. Nelle forme che la pandemia ha reso possibile (le limitazioni ci sono a causa di un’epidemia su scala mondiale, non per capriccio di politici, medici e altri!), la scuola c’è stata e i contatti tra le persone anche: i ragazzi erano nelle loro case, mangiavano a colazione, pranzo, cena e pure merenda, erano al caldo in inverno e al fresco al sopraggiungere del caldo.
Problemi da affrontare alla radice: rimettere al centro l’educazione
Non ci cadevano in testa bombe e non abbiamo patito la fame, cosa che in altre parti del mondo avviene e avveniva anche prima che il Covid aggravasse la situazione.
Insomma, abbiamo fatto tutti, anziani, adulti, ragazzi e bambini, quello che la situazione permetteva. Nessuno si è divertito a limitare la libertà di altri, ma abbiamo dovuto (e dovremo ancora) combattere insieme un virus invisibile e pericoloso.
Questo i ragazzi lo sanno e, in generale, lo capiscono. Pensare quindi di appellarsi al virus per giustificare le mancanze e le insufficienze dei nostri modelli e delle nostre pratiche educative non solo è insensato, ma è anche disonesto.
Assumiamoci invece le nostre responsabilità, parliamo di questi problemi e cerchiamo soluzioni. Insieme.