Perché chi viene alla luce, illumina.”
(N. Fabi, Attesa e inaspettata)
Sono diventato papà per la seconda volta da pochi giorni. E pensavo a quanto in fondo questo non sia esattamente il momento migliore per portare a termine una gravidanza: contagi che aumentano nonostante due anni di lockdown e vaccini, ospedali saturi, ostetriche che ti invitano (gentilmente e con sentito dispiacere, per la verità) ad abbandonare la sala parto e aspettare le dimissioni di 48 ore dopo per rivedere tua moglie e tuo figlio…
Dentro questa precarietà ogni passaggio di vita è sicuramente più difficile e ci si sente più soli ad affrontarlo, perché, volenti o nolenti, la pandemia ci ha reso più sospettosi, più intimoriti, più fragili.
Fortunatamente le nostre famiglie e molti amici ci hanno sostenuto e accompagnato, anche se qualcuno non è riuscito a celare la propria perplessità: “ma chi ve lo fa fare?”
Un bimbo adesso, ma chi ve lo fa fare?
In realtà, accogliere Samuele in questo contesto mi ha aiutato a capire quanto, in fondo, il vero miracolo, il segno che rimane di questo sia la vita stessa. Credo che finché nasceranno bambini potremmo avere l’evidenza che il Dio della Vita ha ancora fiducia nel mondo e negli uomini. Di fronte al volto di un neonato si può davvero scorgere la promessa di un domani migliore, non solo per i piccoli, ma per ciascuno.
La nascita chiede anche ai genitori di rinascere
Mi sono ritrovato anche a pensare a quanto in questo momento la nascita di mio figlio stia chiedendo anche a me di nascere nuovamente, di nascere adesso. È una grande occasione per ripartire, per guardare quel corpicino indifeso tra le mie mani e provare ad essere un padre migliore. È la possibilità di prendermi cura del bambino interiore che troppo spesso è sovrastato dai giudizi, dalle immagini ideali a cui tendere, dalle regole a cui stare. È, infine, lo squarcio spazio-temporale in cui intravedere l’eternità di un Padre Bambino. Per tutto questo, grazie Vita, infinitamente ed eternamente grazie!