Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. La scuola post-covid come ospedale da campo

Roma 18–01-2021 Scuola Liceo Classico Giulio Cesare Riapertura della scuola, con gli alunni in presenza dopo il Lockdown, dovuto alla pandemia Covid-19/ Corona Virus Ph: Cristian Gennari/Siciliani

E allora il mastro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso.

(don Lorenzo Milani, Lettera ai giudici)

Siamo in emergenza. Forse non ce ne accorgiamo davvero. O quantomeno non sappiamo cosa fare. 

La scuola si è trovata ad essere, ancor più che in passato, un ospedale da campo. Con ferite da curare che si scoprono ogni giorno sempre più gravi. E senza sapere bene se i mezzi per intervenire ci sono e sono adeguati.

Ogni giorno, da insegnante, scopro – dai colleghi, dai genitori o dai ragazzi stessi – di situazioni di disagio esplose o sul punto di esplodere. Problemi di ansia, disturbi alimentari, isolamento sociale. Che non sono più casi isolati ma si assommano con numeri esorbitanti. E i casi che emergono probabilmente sono solo una (piccola) parte dei problemi veri. 

La scuola è lì. Che si trova questi problemi buttati addosso, da varie parti, e non sa bene cosa fare. Si corre di volta in volta ai ripari. Colloqui, incontri. Senti i genitori, indirizzi dallo psicologo. Ascolti, scrivi, cerchi. E ti rendi conto di avere tra le mani un tesoro prezioso e fragilissimo. L’esistenza di questi ragazzi, che nella scuola trovano uno tra i principali spazi di vita. E non sai bene cosa fare, come fare.

I tempi di crisi sono occasioni feconde per generare. Così può essere anche adesso, per un nuovo umanesimo dell’istituzione scolastica. Per una rivoluzione che rimetta al centro l’uomo. 

Non si tratta di sproloquiare le solite requisitorie generiche contro programmi, verifiche e altre metodologie didattiche, che sono imprescindibili per un insegnante che fa seriamente il suo lavoro. 

Si tratta di capire come tutto questo può aiutare questi ragazzi, le loro vite, i loro tesori fragili. Cosa possono dar loro, adesso, un problema di matematica, una versione di latino, un laboratorio di chimica?

Non eliminiamo la scuola, non minimizziamo, non riduciamoci al far nulla perché non sarebbe la soluzione. Anzi. La scuola di cui i ragazzi hanno bisogno, oggi sempre di più, è un’esperienza seria, esigente, che punta in alto e chiede di volare in alto.

Ma prima di tutto mette al centro l’uomo. Facciamolo ogni giorno, ognuno di noi. Possiamo essere profeti e sognatori.