La comunicazione che si nutre di scandali. L’etica dov’è? Suor Chiara: “Proviamo, qualche volta, a scegliere il silenzio”

Buongiorno suor Chiara, ha destato scalpore, nei giorni scorsi, la vicenda resa pubblica della relazione tra una preside e uno studente delle scuole superiori. Mi sono posto diversi interrogativi: il primo è se a tutela soprattutto del giovane e della sua famiglia non sarebbe giusto, in questi casi, mettere un freno alla diffusione di certe informazioni. Ma l’etica nella comunicazione che fine ha fatto? Mi chiedo anche se facciamo abbastanza, anche nelle comunità cristiane, per l’educazione dei sentimenti, che a me sembra importante quanto quella religiosa. Che ne pensa? Un caro saluto e una preghiera per voi.
Gianni.

Caro Gianni, sembrerebbe proprio che l’etica della comunicazione sia impotente di fronte agli tsunami mediatici che particolari fatti di cronaca scatenano ai nostri giorni.

Essa, infatti, previa verifica dell’attendibilità delle notizie, dovrebbe tutelare da denigrazioni mediatiche o diffamazioni, le persone e le famiglie di coloro che finiscono nel vortice dei social.

Spesso, infatti, le notizie vengono “scaraventare” in faccia al pubblico, date “in pasto alle belve”, senza un briciolo di discernimento e di rispetto.

Se le fake news sono generate per fare del male

Non entriamo, poi, in merito alle fake news, più numerose di quanto si pensi, con il nefasto obiettivo di fare del male agli altri, senza nessun fondamento reale!

L’attuale situazione impone a tutti maggiore capacità critica nell’accostarci al mondo dei mass media e, nel contempo, un recupero del valore della persona che non è intaccato dal male che può aver compiuto; se, infatti, quest’ultimo è da condannare, il fratello o la sorella che lo commettono, mai!

Proviamo, qualche volta, a scegliere il silenzio! Ricordiamo il brano evangelico della 5° domenica di quaresima? Gesù si trova di fronte alla donna sorpresa in fragrante adulterio e ai suoi accusatori muniti di pietre per lapidarla: ma come si comporta? Inizialmente sceglie il silenzio: “Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra” (Gv. 8,1), poi di fronte all’insistenza degli astanti, sceglie di parlare, ma lo fa con intelligenza: “Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani” (ib.). 

Riscoprire il valore della parola e del silenzio


Non siamo forse chiamati anche noi a riscoprire il valore della parola e del silenzio, verificando se i nostri commenti sono solamente chiacchiere denigratorie svantaggiose per tutti o se esprimono compassione, vicinanza, amicizia?

Per quanto riguarda l’educazione dei sentimenti, mi permetto di sottolineare che essa appartiene alla formazione religiosa. Non è “un’altra formazione importante” quanto quella religiosa, – come scrivi – ma è la stessa che abbraccia l’interezza della persona, affetti e sentimenti compresi.

Se la crescita “religiosa” (…e il termine non è tra i più adatti…) si accontenta di essere solo intellettuale o morale, svolge un pessimo servizio a Dio e all’uomo, poiché non unifica la persona umana e non rivela nemmeno il vero volto del Padre.

La religione cristiana riguarda l’uomo nella sua totalità

Non dimentichiamoci che la religione cristiana è quella dell’incarnazione, pertanto deve obbligatoriamente parlare a tutto l’uomo nella sua totalità, sentimenti, cuore, affetti, emozioni.

Forse, la formazione che abbiamo perseguito nel passato verteva soprattutto sulla trasmissione di concetti dottrinali e morali, (che non sono da escludere); cammin facendo, però, si è compreso che la fede in Gesù deve necessariamente “toccare” la nostra carne, le nostre viscere, le nostre sensibilità emotive e affettive e coinvolgere tutti gli ambiti del nostro essere, compreso quello psicologico, fisico, affettivo, sessuale, intellettivo, creativo, relazionale, sociale! Tutto!

Oserei dire che la fede in Gesù è integrale, cioè tiene insieme i diversi livelli della nostra vita, li unifica attorno a Lui, centro dal quale scorre linfa vitale, acqua viva che irrora i deserti della nostra anima, del nostro cuore.

Così la nostra vita cambia, si trasforma secondo il modello di Cristo, vero uomo, l’unico veramente riuscito, archetipo di tutta l’umanità.

Guardando al Signore Gesù e coltivando la relazione con Lui diventiamo tutti più umani, più capaci di gestire, in modo sano, la nostra vita, le relazioni, tutto ciò che ferisce e ostacola l’incontro con noi stessi e i fratelli.

Niente della nostra umanità va scartato; ogni pulsione può essere orientata al Signore e integrata così da divenire potenziale prezioso per vivere in armonia con noi stessi e con i nostri fratelli.