Ласкаво просимо! Benvenuti! Manualetto per l’accoglienza in lingua ucraina

Manuale per l’accoglienza in lingua ucraina

Non un semplice testo di grammatica, ma un atto profondo di accoglienza e empatia. È l’idea alla base di «Ласкаво просимо! Benvenuti! Manualetto per l’accoglienza in lingua ucraina», manuale pensato dall’Università degli Studi di Bergamo e curato delle professoresse Maria Chiara Pesenti e Liana Goletiani, rivolto a coloro che sono in prima linea nell’accoglienza dei profughi ucraini e che non hanno familiarità con la loro lingua.

Riservando ampio spazio alle immagini e riportando una traslitterazione semplificata delle parole in lingua ucraina scritte in cirillico, il manuale (68 pagine) racchiude un dizionario di base (cibo, bevande, abbigliamento, saluti e convenevoli, domande e risposte sulla salute e i bisogni quotidiani) e risulta immediatamente fruibile, grazie alla semplice consultazione, sia dai parlanti italiani, sia da coloro che sono di lingua ucraina. «Il manuale nasce dal desiderio di collaborare all’accoglienza di bambini e ragazzi ucraini – spiega Maria Chiara Pesenti, professoressa ordinaria di Lingua e cultura russa, presso l’Università degli Studi di Bergamo –, che, giunti in Italia, si affacciano a una prima alfabetizzazione». Un desiderio che inizia due mesi fa. «Quel che più ci premeva, all’alba di questa terribile guerra, era renderci utili in questa situazione di emergenza – racconta la professoressa che, fra l’altro, da alcuni anni, si occupa di iconografia popolare in ambito russo e ucraino e che, nel 2019, ha ricevuto la Medaglia Pushkin, prestigioso riconoscimento culturale della Federazione Russa –.

Quando sono arrivate le prime persone scappate dall’Ucraina, ho cercato di pensare a come favorire la comunicazione, in modo che essa potesse farsi ponte fra gli esuli e il contesto italiano, sia lavorativo che sociale in generale. Mi è subito venuta in mente l’esperienza decennale fatta con alcune associazioni impegnate nell’accoglienza dei ragazzi (bielorussi e ucraini) dopo Černobyl’ che, ogni anno, venivano in Italia per poter passare qualche mese in un ambiente più spensierato e salutare. Nel 2008, grazie all’associazione “Solidalmente” e, soprattutto, per merito del lavoro di una volontaria (Sonia Ceruti), avevamo dato vita a un piccolo e agile manuale italiano-russo, volto a stimolare un dialogo costruttivo fra ospitanti e ospitati.

È proprio a quel testo che ci siamo ispirati per il nostro “Manualetto”, rielaborandolo e riadattandolo al presente contesto e, ovviamente, traducendolo in lingua ucraina, grazie al decisivo contributo della mia collega, Liana Goletiani». Il manuale, il cui accesso online è libero e gratuito, è suddiviso in tre parti (alfabeto, grammatica e una sorta di indice per argomenti) ed è rivolto alle scuole di ogni ordine e grado. «È da marzo che le associazioni, interculturali e di volontariato, del territorio bergamasco, assieme agli istituti scolastici, chiedono aiuto – spiega la professoressa –. Del resto, ci sono bambini che hanno cominciato a frequentare le materne e le primarie e ragazzi che sono stati inseriti negli istituti superiori.

Le scuole si sono rivelate molto attente a questa emergenza, tanto è vero che i dirigenti scolastici ci hanno chiesto un intervento sulla storia e sulla cultura dell’Ucraina. Nonostante ciò e nonostante l’università (che già si era attivata aderendo alla raccolta fondi “Un aiuto per l’Ucraina” e organizzando un ciclo di conferenze e incontri per comprendere le dinamiche del conflitto) abbia favorito l’invio di tirocinanti e studiosi di lingue slave, è veramente difficile, per presidi e insegnanti, stabilire una comunicazione chiara e funzionale: il manuale potrà essere una prima forma di aiuto.

Proprio per questo, speriamo di incrementarne la diffusione, affinché sia utilizzato dal più gran numero possibile di persone». Un auspicio che si basa su una certezza: «La lingua è sintonia, è significato, è vita – afferma Pesenti –. È necessaria per comunicare e riflette le necessità essenziali di ognuno di noi. Trovo inoltre fondamentale sforzarsi di parlare la lingua dell’interlocutore, perché, attraverso essa, si toccano corde nascoste e si smuovono sentimenti che hanno a che fare con tutto ciò che è familiare e sicuro, con il concetto di casa. Se avessimo utilizzato l’inglese, non sarebbe stato per niente uguale. La lingua, del resto, non è un mezzo o, per lo meno, non è solo quello.

È, prima di tutto, l’espressione di un popolo e ciò che, nel tempo, ha forgiato la sua specifica sensibilità e cultura. Proprio per questo, mi auguro sempre che i miei studenti non considerino l’attività di traduzione come un mero fatto tecnico (Google Translate non è la soluzione), ma vadano al di là, considerandolo un atto di curiosità e amicizia e concependo lingua e cultura come imprescindibili l’una dall’altra, un unicum indivisibile. È il solo modo per comprendere veramente colui che è “altro da noi”, capire la sua visione della realtà, la sua scala di valori e avere, infine, la consapevolezza di come esistano infiniti e differenti punti di vista sul mondo». Una forma di ricchezza che – ne è convinta la professoressa – si fortifica nell’empatia: «Il mio sogno, in questo momento, è che questo manuale contribuisca a stabilire un’attenzione specifica sugli ucraini e sulle famiglie italiane che li ospitano e, soprattutto, che, attraverso esso, i profughi (soprattutto i bambini) possano sentirsi accolti e benvoluti». 

https://aisberg.unibg.it/retrieve/handle/10446/213109/499543/Manualetto_ucraino_protetto.pdf