“Padre santo, quelli che mi hai dato custodiscili nel tuo amore, perché siano una cosa sola, come noi”. (Gv 17,11)
1 maggio. Classica grigliata con gli amici e relax. Sdraiato su una coperta a farmi riscaldare le ossa dal sole primaverile, gli amici e mia moglie impegnati a giocare a carte, le loro urla di gioia e complicità, mia figlia che scorrazza felice a piedi nudi godendosi la sua spensierata libertà. Davanti ai miei occhi il verde ondeggiante delle piante mosse dal vento sottile. Che bello poter guardare di nuovo la natura che rinverdisce e rifiorisce in questo periodo. Improvvisamente si palesa un pensiero che dà voce ad una sensazione: “mi sento custodito”.
Dopo mesi di corse, di ostacoli, di nuovi equilibri da ritrovare, di sfide nuove che chiamano alla responsabilità, finalmente un attimo che ridona pace e senso al cammino. Tutto intorno a me mi ridice quelle parole che Gesù affida al Padre a margine dell’episodio dell’ultima cena e mi sembra, finalmente, di coglierne il valore un po’ più in profondità.
Sento riemergere una parola buona che mi ricorda la Sua promessa: “sono con voi fino alla fine del mondo” e percepisco che dentro la mia pretesa di fare tutto e farlo bene, dentro il mio scontrarmi quotidianamente con il mio limite e quello che non sono, dentro alla paura di un orizzonte che in questi due anni spesso si è fatto nuvoloso per le vicende mondiali, c’è un abbraccio fatto di persone, di ricordi, di “cose belle” (come solo quelle della natura sanno essere) che mi custodisce, che mi accompagna e che ha cura di me, anche quando faccio fatica a percepirlo.
È l’amore donato che si fa esperienza e che si accende ogni volta che percepiamo l’unità del nostro “cuore sparpagliato”, come direbbe Zucchero, insieme a quella con le persone con cui condividiamo la vita e con la bellezza del mondo che ci è donato ogni giorno. Che questo respiro dello Spirito possa accompagnare ogni nostro respiro.