Caritas Cet 13: l’unione fa la forza. Creare relazioni, mettere in comune risorse

“Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante” dice un antico proverbio del Burkina Faso. Allo stesso modo le 9 parrocchie della Cet (Comunità ecclesiale territoriale) 13, riunite in una sola fraternità, hanno imparato negli ultimi anni, dall’inizio della pandemia, quanto possa essere prezioso il lavoro di squadra. Un aiuto per essere sempre di più comunità “fraterne, ospitali e prossime”, seguendo l’invito del vescovo monsignor Francesco Beschi, che in questi giorni sta proseguendo il suo pellegrinaggio pastorale proprio in questa zona.

“Ci ritroviamo una volta al mese – sottolinea don Alberto Caravina, parroco di Azzano San Paolo e vicario territoriale incaricato per l’ambito caritativo – ed è un’occasione per raccontarci che cosa sta accadendo nelle nostre realtà, per approfondire il senso e la direzione della nostra azione e sostenerci a vicenda nelle attività”. Sono presenti in questa Cet ben 5 Centri di Primo Ascolto e Coinvolgimento Caritas: si trovano a Verdello, Boltiere, Ciserano, c’è poi il Centro interparrocchiale Stazza (Stezzano, Azzano e Zanica) e quello dell’Unità pastorale di Verdellino Zingonia. Anche a Comun Nuovo è presente un gruppo caritativo, e nelle parrocchie di Verdello, Zanica e Azzano San Paolo oltre al Centro di Ascolto c’è anche una Caritas parrocchiale o una commissione carità che si occupa di sensibilizzare, coinvolgere e animare la comunità sotto questo aspetto. “Dove non c’è – sottolinea Daniela Plebani, operatrice territoriale di Caritas Bergamasca – sono gli stessi volontari dei Centri di Ascolto a occuparsi anche di questo importante compito”. Le persone coinvolte complessivamente nei gruppi caritativi sono un’ottantina.

La prima occasione per creare un luogo di ritrovo e di lavoro comune per tutte queste realtà è stata offerta dal progetto “Ricominciamo Insieme” di Caritas Bergamasca, una risposta alle emergenze generate dalla pandemia: “È stata un’occasione – continua Daniela – per sperimentare la preziosità di lavorare e confrontarsi tra parrocchie, condividere le esperienze, competenze e professionalità in ordine alla carità. Così, anche una volta concluso il progetto, l’appuntamento mensile non è più mancato”.

Negli ultimi due anni ci sono state alcune fatiche, in gran parte dovute alla pandemia: “Il numero dei volontari – sottolinea Chiara Scotti, coordinatrice del Centro di Ascolto di Verdello – a volte di età avanzata, è diminuito. Noi attualmente siamo in otto”. Nel frattempo sono invece aumentate le richieste di aiuto: “Le famiglie che seguiamo sono passate da venti a trentacinque. Abbiamo notato che alcune situazioni che in passato si erano risolte si sono invece riaperte, spesso a causa della perdita del lavoro, alcune situazioni di giovani donne rimaste incinte e sole”. Il Centro d’Ascolto di Verdello è aperto per due giorni alla settimana: “Sappiamo che non è possibile dare soluzioni definitive, la nostra presenza è un segno. Aiutiamo in tanti modi concreti, ma più di tutto ci preme l’attenzione nell’ascolto e nell’instaurare una relazione con le persone che si rivolgono a noi”.

L’esperienza del Centro interparrocchiale “Stazza” (che unisce Stezzano, Azzano e Zanica) è iniziata undici anni fa: “All’inizio – spiega Flavia Carrara, volontaria – eravamo tre comunità che non si conoscevano fra loro e agivano in modo indipendente, col tempo si è creata un’armonia di attività e intenti, abbiamo imparato a lavorare in sintonia, scoprendo l’importanza della collaborazione. I volontari negli ultimi anni sono diminuiti, passando da diciotto a dodici, sarebbe bello se arrivasse qualche giovane. Stiamo rafforzando anche la rete con il territorio, fondamentale per riuscire a rispondere alle situazioni di fragilità, anche a quelle in prima battuta invisibili”.

Non si tratta mai soltanto di offrire aiuto concreto, come chiarisce Florinda Carminati, presidente della Conferenza San Vincenzo di Ciserano e volontaria del Centro d’Ascolto Caritas: “Ascoltando con attenzione le persone ci si rende spesso conto delle loro necessità reali, spesso più ampie e profonde di quelle che esprimono apertamente, e per poter rispondere è fondamentale creare un lavoro di squadra tra i diversi gruppi. Così l’energia si moltiplica e finisce per diventare un seme che germoglia nella comunità”.