Pellegrinaggio pastorale nella fraternità 2 della Cet 5 del Sebino e della Valle Calepio: “La Casa di Nicola”

Vescovo Francesco Beschi a: La casa di Nicola Tavernola

“Quando sono arrivata qui – dice Nadia – stavo molto male. Ma il personale della comunità ha creduto in me e sono cambiata”. Dicono che la bellezza “apre il cuore”, ed è questa la sensazione che si prova osservando il paesaggio lacustre dalla finestra del salone de “La casa di Nicola”, comunità psichiatrica ad alta assistenza che ha sede in una cascina sulla collina di Bianica, in località Campodosso a Tavernola. Misteriosamente accade lo stesso ascoltando le testimonianze dei giovani ospiti.

Il vescovo di Bergamo Francesco Beschi si è fermato qui per una visita nell’ambito del suo pellegrinaggio pastorale nella fraternità 2 della Cet (Comunità ecclesiale territoriale) 5 del Sebino e della Valle Calepio. Lo hanno accompagnato il parroco di Tavernola don Giuseppe Azzola e alcuni volontari della parrocchia. C’era anche il sindaco Ioris Pezzotti.

Nata dal desiderio di Lucia e Angelo Malfer di ricordare il figlio Nicola, scomparso nel 2001, questa comunità, gestita dalla cooperativa Interactive e coordinata da Cinzia Acquaro, accoglie 20 persone di età media tra i venti e i trent’anni. 

Gli ospiti, affiancati da operatori ed educatori, hanno preparato con impegno l’incontro con monsignor Beschi, realizzando alcuni video per raccontare la loro storia e alcuni momenti delle loro giornate.

Il vescovo si è guardato intorno con “uno sguardo di meraviglia” che dal paesaggio si è spostato sull’atmosfera familiare, i sorrisi, i gesti di gentilezza e di attenzione: “Provo un sentimento di meraviglia, perché state compiendo un percorso di grande impegno e cura per migliorare la vostra condizione. In una società che spesso è troppo frenetica e trascura i più fragili, la presenza di una realtà come questa è un grande segno per tutti”. Monsignor Beschi ha espresso gratitudine per le persone che lavorano nella struttura, sottolineando poi che “la vita ha bisogno di delicatezza, in particolare nell’avvicinarsi agli altri. Ogni persona è un tesoro, un mistero, è tutta da scoprire. Viviamo in una società un po’ violenta, brutale, sbrigativa, in cui la gente non ha tempo per fermarsi, guardarsi negli occhi, ascoltare. Quando parlo di delicatezza penso a tutti questi atteggiamenti. Sono convinto però che essi rappresentino dei punti fermi in questa casa, fra le persone che si prendono a cuore la vostra condizione e intendono migliorarla”.

Le stanze de “La casa di Nicola” sono ricche di colori e di luce, con le pareti decorate da disegni e fotografie realizzati dagli ospiti. “Ognuno – racconta la coordinatrice – segue un progetto individualizzato di reinserimento nel contesto sociale e familiare. Qualcuno lavora, altri vanno a scuola oppure svolgono incarichi all’interno della comunità. Fanno parte del programma anche laboratori e attività riabilitative e sportive all’interno e all’esterno. Coltiviamo un piccolo orto gestito da un operatore con gli ospiti. Collaboriamo da tempo con il Ministero della Giustizia perciò accogliamo anche autori di reato, applicando le adeguate misure di sicurezza. La struttura può contare su un’équipe multidisciplinare con operatori, infermieri, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, psichiatra, psicologo”. 

Non sono mai situazioni facili, ma i risultati sono incoraggianti: “Gli operatori si impegnano molto – spiega Claudia, un’ospite – per darci coraggio e fiducia nel futuro, pensare positivo e non arrenderci mai. Spero davvero che questo percorso possa portarci a una vita migliore”.

Le attività svolte sul territorio rappresentano una palestra di autonomia e restituiscono autostima: “Sono davvero felice – osserva William – di aver trovato un lavoro al caseificio di Vigolo”.

Nel tempo sono nati rapporti positivi con la comunità parrocchiale: “Alcuni ospiti – spiega don Giuseppe – partecipano alle attività dell’oratorio, collaborano come volontari al bar o nelle pulizie. Un giovane, Alessandro, affianca i catechisti del gruppo adolescenti. Ho portato con me in visita alcuni volontari dell’area caritativa della parrocchia e sarebbe bello promuovere con loro un incontro per far conoscere meglio questa realtà”. Il primo passo sono sempre le relazioni, come sottolinea con emozione Alessandra, volontaria della San Vincenzo parrocchiale: “Capita di vedere questi giovani in giro per il paese, ma incontrarli qui è molto diverso, molto più coinvolgente, e ci fa capire quanto sia importante sostenerli nel loro cammino”.