Siccità: la montagna d’estate con i colori dell’autunno. Nei rifugi più attenzione all’acqua, senza allarmismi

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Laghetti naturali del passo grasso di Pila

A inizio agosto, la montagna orobica ha i colori dell’autunno: l’erba dei pascoli è secca e gialla, i sentieri polverosi, molti torrenti in secca oppure mutati in rigagnoli. È un paesaggio quasi da steppa quello che gli scorsi mesi di temperature elevate e protratta siccità stanno lasciando

come eredità di questa estate difficile alle terre alte del nostro territorio, e sebbene i recenti temporali abbiano permesso di tirare un attimo il fiato, la problematica è lungi dall’essere risolta: e così, mentre la Coldiretti lancia l’allarme sulla scarsità di fieno in quota e gli allevatori raccontano di pozze di abbeverata senz’acqua, necessità di rifornimenti con l’autobotte o l’elicottero e rischio di dover rientrare anticipatamente dagli alpeggi per carenza di erba nuova, anche il mondo dei rifugi bergamaschi si trova a confrontarsi con una situazione idrica, climatica e ambientale inedita e con le preoccupazioni a essa connesse. Sebbene con la consapevolezza che, rispetto ad altri territori italiani, la situazione a oggi è comunque sotto controllo.

Problematiche di acqua ed energia

«Le condizioni climatiche di quest’anno, a partire già dall’inverno con quasi totale assenza di neve in quota e proseguendo poi con una primavera molto secca e un’estate anomala, caldissima, hanno fatto sì che si creasse una condizione di criticità condivisa più o meno da tutti» spiega Paolo Valoti, presidente della sezione CAI di Bergamo e delegato della presidenza nazionale CAI sul tema dei rifugi, dei sentieri e di Sentiero Italia CAI. «In virtù di queste condizioni, la stagione escursionistica è iniziata con largo anticipo, ma la mancanza di neve e di pioggia si traduce ora in un ridotta disponibilità di acqua che, in misura diversa a seconda delle specifiche situazioni, impatta anche sul mondo dei rifugi. I rifugi orobici nelle ultime settimane hanno talvolta dovuto ridurre alcuni servizi, ad esempio la possibilità di fare docce, oppure sono restati senza corrente, essendo venuta meno l’acqua che solitamente fa funzionare le turbine per la produzione di energia elettrica».

Ne sanno qualcosa Mario Fornoni e Marzia Albricci, gestori del rifugio Barbellino di Valbondione, che nelle scorse settimane hanno vissuto giorni difficili proprio per questo motivo. «Per far funzionare la turbina idroelettrica che fornisce energia al rifugio pompiamo solitamente acqua dal bacino naturale del Barbellino: ma quest’anno il livello è troppo basso e abbiamo avuto problemi di approvvigionamento energetico. In altre parole, siamo stati giorni interi senza corrente», racconta Marzia. «Abbiamo dovuto quindi avviare il generatore, con tutti i costi annessi di carburante e di trasporto con l’elicottero o a dorso di asino, grazie all’aiuto del pastore che lavora qui con le sue pecore e che si è reso disponibile a darci una mano in questo senso. Ma ovviamente i servizi erano tutti ridotti o ridimensionati, e ci preoccupava l’idea di dover affrontare il mese di agosto in queste condizioni. Abbiamo valutato anche la possibilità di chiudere momentaneamente. Per fortuna però poi è venuto qualche temporale: abbiamo deciso di continuare e vedere come si mette nelle prossime settimane». Secondo Marzia, è importante sensibilizzare gli escursionisti – soprattutto quelli che si stanno avvicinando alla montagna da “new entry” – sui comportamenti e sulle accortezze da mettere in atto quando si vive un ambiente come quello montano: «Portarsi a casa i rifiuti, non stare ore sotto la doccia, accettare soprattutto che un rifugio non è un albergo e richiede anzi una certa dose di adattamento alle situazioni che si dovessero presentare… Sono atteggiamenti di buonsenso, in quota. Questo, ovviamente, vale non sono per il momento attuale ma in generale».

Parola ai gestori dei rifugi

Diversa è invece la situazione al rifugio Mario Merelli al Coca, sempre sul territorio di Valbondione, che invece di problematiche idriche, finora, non ne ha vissute: complice la buona posizione e la disponibilità di un invaso naturale che non ha mai smesso di alimentare la turbina, il rifugio non è stato toccato dalla questione siccità. «L’unica accortezza che abbiamo preso nelle scorse settimane era quella di salire ogni giorno alla vasca e spostare un po’ i sassi, così che l’acqua arrivasse sempre alla turbina», spiega la gestora Silvana Rodigari. «Nemmeno l’acqua sanitaria per le attività di rifugio è mai mancata, se si escludono i momenti di massimo afflusso escursionistico che hanno generato alcune momentanee carenze idriche… Ma è un problema che abbiamo ogni anno ad agosto. Davvero, siamo fortunati».

Anche al rifugio Albani, ai piedi della parete nord della Presolana, la situazione è in bilico tra (attuale) disponibilità idrica e difficoltà nel capire che cosa riserverà il futuro. Scarsità d’acqua diretta, per ora, il rifugio di Colere non l’ha vissuta: «ma qui il problema è diverso» spiega Sandra Bottanelli, che gestisce la struttura. «Questa è una zona carsica, priva di laghetti o torrenti, quindi noi ci approvvigioniamo dal bacino naturale del Fontanone, interno alla montagna. Essendo un bacino sotterraneo, però, io non ho alcun modo per verificare la quantità di acqua residua al suo interno: significa che, se dovessimo restare senz’acqua, lo scopriremmo soltanto quando dal rubinetto non ne uscirà più. E spero che questo non accada mai. Fortunatamente, settimana scorsa ha fatto qualche temporale… È il colmo che si speri nella pioggia anziché nel sole!». A fronte della situazione attuale, Sandra sta cercando di agire soprattutto in termini di sensibilizzazione, chiedendo agli escursionisti – soprattutto quelli che hanno percorso tratti di sentiero meno impegnativi – di limitare il più possibile le docce e gli sprechi d’acqua: «alcuni la capiscono, ma sono pochi. La maggior parte della gente non percepisce il problema perché quando apre il rubinetto vede l’acqua che scorre, quindi “chi se ne frega”. Soprattutto se parliamo dei cosiddetti “escursionisti della domenica”, è difficile far capire la portata del problema».

Una situazione sotto controllo

Sentendo parlare i gestori dei rifugi, la sensazione generale è quella di una situazione che impensierisce parecchio, ma che è ancora sotto controllo e che come tale andrebbe raccontata, fuori da sensazionalismi esagerati. Lo spiega bene Maurizio Nava, che gestisce il Rifugio Laghi Gemelli: la foto dei due laghi artificiali separati dalla siccità ha fatto il giro del web, veicolando l’idea di una montagna orobica sull’orlo della crisi, eppure, racconta Maurizio, «noi non abbiamo avuto grossi problemi idrici. Abbiano la fortuna di approvvigionarci da una sorgente che sì, ha calato la sua portata, ma non si è mai fermata e che ha continuato a servire noi, le baite vicine e il mandriano che lavora qui attorno con un centinaio di capi di bestiame. Quindi non mi posso lamentare. Certo» ammette «il pensiero c’è e ogni giorno vado a controllare il livello dell’acqua in sorgente. Inutile negarlo. Ma dobbiamo anche dire che la nostra montagna è tendenzialmente ricca d’acqua e quindi, pur vivendo un momento di scarsità, non affronta la problematica in forma grave come magari capita in altre zone più carsiche. Inoltre va segnalato che i laghi naturali hanno ridotto il livello dell’acqua, ma a essere vuoti sono soprattutto i bacini artificiali, perché hanno dovuto fornire acqua alla pianura, per l’irrigazione dei campi. Meglio evitare il sensazionalismo: la problematica esiste, ma è sotto controllo per ora».

Un discorso simile lo fa anche Andrea Berera, nuovo gestore del Rifugio F.lli Calvi, secondo il quale il problema della scarsità di acqua è reale, ma spesso raccontato con eccessiva enfasi, creando una fotografia drammatica che non sempre – almeno nelle nostre zone – corrisponde alla realtà. «Certamente non stiamo vivendo un anno di abbondanza», spiega. «Noi a livello idrico abbiamo avuto semmai qualche inconveniente legato alla manutenzione delle tubature, ma non alla scarsità d’acqua. È ovvio che siamo preoccupati, perché sapere che c’è poca acqua non lascia tranquillo nessuno, ma da lì a metterci le mani nei capelli dal terrore… Ce ne passa!». Come per tutti i colleghi, anche per Andrea il nodo fondamentale della questione è la sensibilizzazione sulle piccole accortezze che ciascuno può mettere in campo per consumi più consapevoli e per contenere gli sprechi: «Questo è un discorso che però si può e si dovrebbe fare a prescindere dal momento attuale…».

Parola d’ordine: sensibilizzare

«La situazione è critica, ma è sotto controllo», conferma anche Paolo Valoti. «Certo, siamo comunque solo a metà stagione: il mese di agosto sarà determinante, sia per le attività di alpeggio sia per i rifugi, nella speranza che si avvicinino nuove perturbazioni e che si possa tirare qualche respiro di sollievo». Secondo Valoti, è importante però che anche gli escursionisti e i turisti facciano la propria parte e si sentano chiamati in causa nel problema con comportamenti e atteggiamenti responsabili: essere autosufficienti con le proprie scorte d’acqua quando si arriva ai rifugi, accettare eventuali disservizi senza avanzare troppe pretese, comprendere che un rifugio non è un hotel ma un presidio in un ambiente che sta vivendo grandi difficoltà. «Speriamo» conclude «che questa situazione difficile diventi l’occasione per ragionare seriamente sulle problematiche di clima e ambiente non solo come singoli, ma anche a livello di decisioni politiche collettive».