Pellegrinaggio pastorale: oratorio di Cividino, tanti gli spunti di riflessione

“L’educazione è il gesto umanissimo di mettere al mondo i figli, un’opera impegnativa che va ben oltre il generare”. Il vescovo Francesco Beschi in una sala riunioni al primo piano dell’oratorio di Cividino incontra l’équipe educativa, i catechisti, i volontari, nell’ambito del suo pellegrinaggio pastorale nella fraternità 1 della Cet 5 Sebino-Val Calepio.

A introdurre l’incontro è don Loris Fumagalli, parroco della comunità da circa un mese: “La gente crede nell’oratorio e verso di esso ha molte attese. Il lavoro fatto negli ultimi anni con la presenza dei seminaristi, che hanno accompagnato i parroci, lo dimostra. Ora dovrà cambiare la sua conformazione, dato che l’arrivo del nuovo parroco ha tolto la presenza del seminarista. Sarà necessario che le realtà che operano, i gruppi che si impegnano diano qualcosa di più, perché da soli è difficile, insieme è meglio”. Al vescovo chiede “un’idea sull’oratorio in questi tempi che cambiano e dove tutto non può essere uguale al passato”.

In sottofondo si sentono le risate e le chiacchiere dei bambini e dei ragazzi che affollano gli altri ambienti dell’oratorio, una struttura ampia, moderna e funzionale: qualcuno è seduto ai tavoli del bar, altri giocano a pallone. 

Un’immagine che aggiunge concretezza all’argomento del discorso, che si concentra su presente e futuro dell’oratorio, un luogo che a volte si tende a dare per scontato: “Qui da noi – ricorda il vescovo – ha assunto una forma specifica, e nelle diocesi lombarde è diffuso in modo capillare rispetto ad altre parti d’Italia. L’ispirazione arriva da San Giovanni Bosco e dal suo carisma, ma poi l’esperienza salesiana nelle nostre parrocchie è stata tradotta in modo diverso. La particolarità dei nostri oratori è che nascono da una comunità, da padri e madri che hanno pensato che la famiglia non bastasse e che la Chiesa – la loro casa – dovesse dare vita a qualcosa di nuovo. Così, dalla coscienza di persone semplici, contadini, operai, minatori, emigranti, è nato un posto per ricreazione, sport, catechismo, cultura, cinema, teatro, attività estive, incontro, bar, informalità. Ma non è solo la somma di tutte queste cose: l’idea di fondo è che il Vangelo e la fede siano in grado di dare forma a una proposta educativa”.

Un presupposto ancora valido: “A me sembra che abbia sempre molto valore – prosegue il vescovo -. Non possiamo ritirarci da un campo in cui tutti stanno facendo fatica, rinunciare sarebbe troppo facile. Le famiglie sono in difficoltà a causa dei ritmi frenetici, mentre la scuola offre soprattutto competenze e nozioni, ma non si occupa di altri ambiti, ritenendo che non le competano. Ecco perché è così importante proseguire quest’opera evangelica, anche se costa molto tempo, risorse, energia e impegno”.

I membri dell’équipe chiedono a monsignor Beschi di approfondire la funzione di questo organismo: “Esso – spiega il vescovo – è la rappresentazione della passione educativa della comunità e sostiene le motivazioni del volontariato in oratorio. Qualche volta può anche essere deputato alla verifica sulle attività, per ragionare sull’opportunità e sugli obiettivi della loro presenza. È sempre presieduta dal parroco, che tiene il timone, dà l’accento e lo stile dell’impegno comune”.

Altre domande poste da volontari e catechisti mettono al centro la questione del coinvolgimento delle famiglie dei ragazzi – molte delle quali estranee alle attività parrocchiali – in particolare nel percorso della catechesi per i sacramenti di iniziazione cristiana: “All’inizio sembrano tutti entusiasti – sottolinea una catechista -, ma poi col tempo finiscono col ritenere gli incontri come un peso, un appuntamento obbligato”.  

Questa situazione, dice il vescovo, si può ribaltare se “i genitori avvertono che il Vangelo ha a che fare con la vita, che la fede è importante anche per i rapporti familiari, che si intesse strettamente con ciò che accade ogni giorno. Altrimenti cosa resta? Un desiderio vago di benessere, che consiste nell’avere una famiglia, una casa confortevole, un impiego che permetta di concedersi ogni tanto qualche sfizio, come un viaggio. Quando c’è un problema questa condizione si incrina rapidamente. Perciò è importante nella comunità mettere l’accento sulle relazioni, e parlare di fede a partire da ciò che ognuno di noi vive”.