A Sarajevo con Caritas per l’alternanza scuola-lavoro. La storia di Giada e Irene: “Una grande avventura”

L’esperienza delle scuole superiori è una di quelle che ti segna per tutta la vita; ci rimanda a sensazioni e vissuti per i quali ci diciamo se quegli anni sono ricordati con nostalgia, con sollievo che siano finiti o con tanta leggerezza.

Dentro gli anni delle scuole superiori si fanno tante cose e negli ultimi anni, chi le sta frequentando o ha figli in quell’età, sa che c’è l’esperienza dei PCTO. I Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento prendono il posto, di fatto, dell’alternanza scuola lavoro. 

Spesso ( e tante volte a ragion veduta) queste esperienze sono viste come esperienze inutili, vuote, poco costruttive che in alcuni casi sfiorano meccanismi di sfruttamento. 

In questo articolo ve ne raccontiamo una, che in realtà si replica da due anni. Un piccolo caso particolare di una scuola superiore di Bergamo, il Liceo Falcone, che vogliamo far raccontare attraverso le risposte date da alcune studentesse a una manciata di domande.

Abbiamo raccolto le storie di Giada e Irene studentesse che hanno vissuto questa esperienza tra l’estate del 2022 e quella del 2023 che, grazie all’intuizione del loro professore di religione Robert e della Caritas diocesana Bergamasca (in particolare con Young Caritas Bergamasca) hanno vissuto questa esperienza.

Quando sei partita per Sarajevo in che classe eri?

Giada: Quando sono partita per partecipare a questa esperienza era la fine dell’anno scolastico della classe terza.

Irene: Sono partita nell’estate fra la 3ª e la 4ª, ora sono al quinto anno del Liceo Falcone.

Perché hai scelto di partire per questa esperienza?

Giada: Ho deciso di partecipare a questa esperienza perché fin da subito mi è parsa un’occasione ottima per poter conoscere una nuova cultura e vedere in prima persona gli effetti della storia sulla nazione in senso lato.

Irene: Ho scelto di partire perché dai suoi racconti sembrava un’esperienza interessante e che e mi poteva arricchire molto.

Come è andata l’esperienza in generale?

Giada: È stata un’avventura meravigliosa che rifarei altre mille volte; ha superato le mie aspettative e ha lasciato dentro di me una sensazione particolare, come se avessi sentito una chiamata per andare in aiuto del prossimo.

Irene: L’esperienza è andata molto bene, oltre ad aver conosciuto nuove persone ho avuto l’opportunità di visitare una nuova città e conoscere la sua storia.

Quali sono le cose che vorresti custodire di questa esperienza?

Giada: Ho avuto la fortuna di partire con il mio professore di religione e altre tre mie compagne di classe, nonché amiche; questo sicuramente ha inciso sulla qualità del viaggio perché ho potuto condividere l’esperienza con delle persone a cui voglio bene e della quale mi fido. Nonostante ciò, nel mio cuore rimarranno sempre alcuni posti speciali che mi hanno colpito molto e, ancor di più, le persone che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. È sorprendente l’immenso valore che può avere anche un semplice sorriso.

Irene: Una delle cose che vorrei tenere custodite è la visita a Srebrenica che è stata molto toccante, soprattutto perché ci siamo andati quando cadeva l’anniversario. Un’altra cosa è il racconto di chi ha vissuto la guerra e anche l’incontro con un signore serbo, che è diventato nostro amico. Per ultimo una delle cose che vorrei tenere custodite sono state le giornate passate con i ragazzi del centro OAZA, che ci hanno sempre accolto con il sorriso e tanta voglia di fare.

Ci sono delle cose che ti tornano in mente ogni tanto? Quali sono?

Giada: A volte ripenso a questo viaggio e mi tornano in mente delle immagini precise, come le pareti degli edifici segnate dalla guerra, i luoghi e le persone dove abbiamo fatto servizio di volontariato, il punto in cui Francesco Ferdinando venne ucciso, il tramonto visto dalla terrazza dello spot di Caritas e tanti altri posti che mi hanno particolarmente colpito.

Irene: Si mi torna spesso in mente l’incontro con Sutko, che abbiamo incontrato una sera perché ci si era rotto il pulmino. È stato molto disponibile e nei giorni seguenti lo abbiamo visto più volte, ci ha raccontato molte cose dell’assedio avvenuto a Sarajevo ed è stato molto toccante.

Ci sono delle cose che ti hanno messo più in difficoltà?

Giada: Essendo la mia prima esperienza di volontariato mi sono sentita fragile di fronte alle persone che abbiamo aiutato durante il servizio: sentivo di non avere pieno controllo della situazione, non sapendo come relazionarmi con individui che vivevano in circostanze diverse da quella che noi definiamo “normalità”.

Irene: Si, sicuramente ascoltare la testimonianza di un signore che era stato prigioniero nei campi di concentramento e anche la storia di una signoria che aveva vissuto a Sarajevo durante la guerra.

Quali cose suggeriresti a uno studente o una studentessa che si approccia a questo tipo di esperienza?

Giada: Coloro che sono indecisi sul fare o meno questa esperienza, a parer mio, dovrebbero buttarsi e partire senza aspettative. Un’occasione di questo tipo non capita tutti i giorni e proprio per questo partecipando, si possono vedere cose che non sono alla portata di tutti.

Irene: Io consiglierei di interessarsi alla storia di quel paese e se si ha l’opportunità di fare domande, per me quando si fanno queste esperienze le cose più importanti sono essere curiosi e sapersi mettere in gioco.

Pensi che questa esperienza abbia cambiato un po’ il tuo sguardo rispetto a qualche tema? Se si, in quale e come?

Giada: Questa esperienza per me è stato il primo impegno attivo che ho impiegato per la mia formazione; da tempo sognavo di partire per fare un’esperienza di questo tipo e finalmente è successo. Mi ha segnato particolarmente e mi ha fatto crescere molto, soprattutto una volta tornata e dopo aver fatto delle riflessioni personali. Sono grata di essere andata, però sono ancora più grata a Sarajevo per avermi fatto questo regalo.

Irene: Sì, perché sono venuta a conoscenza di una realtà storica che non ci insegnano a scuola e che ha interessato l’Europa fino a qualche decennio fa.