Il vescovo Francesco Beschi alla preghiera del venerdì santo con le Acli: “La rassegnazione di fronte a tutto è una vera malattia”

«La Passione secondo l’evangelista Marco è ricca di particolari. La disumanità di allora su Gesù Cristo possiamo vederla anche nel nostro oggi pensando a guerre, violenze nelle famiglie e  sulle donne,  sfruttamento sul lavoro, richiedenti asilo e anche nella generalizzazione dei giudizi e nella rassegnazione di fronte a tutto, che è una vera malattia».

Venerdì Santo 29 marzo, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, il vescovo Francesco Beschi è intervenuto all’incontro di preghiera del Venerdì Santo proposto da Acli Bergamo per i lavoratori, aperto da Daniele Rocchetti, presidente provinciale dell’associazione.

Questo momento ha concluso il percorso quaresimale delle Acli, iniziato il mercoledì delle Ceneri e poi proseguito ogni venerdì. L’incontro ha visto alternarsi preghiere, la recita di un Salmo, la lettura della Passione secondo l’evangelista Marco e una meditazione del defunto vescovo Tonino Bello. All’inizio dell’incontro il vescovo si è complimentato per l’iniziativa delle Acli che prosegue da anni e per la folta partecipazione.

«Marco — ha esordito monsignor Beschi nelle sue riflessioni — è stato il primo evangelista a scrivere sulla Passione di Gesù Cristo. Il suo è un Vangelo sobrio nella narrazione, ma ricco di particolari. Nel percorso del suo Vangelo emerge la crudeltà della Croce, ma anche la durezza della flagellazione romana. È una narrazione che parla di violenza e che colpisce soprattutto per l’arroganza, la derisione e gli insulti rivolti a Gesù. Tutto questo non soltanto da parte dei soldati, perché anche i capi e i crocifissi con lui si facevano beffe di Gesù».

La narrazione dell’evangelista Marco nel processo e nei patimenti di Gesù Cristo colpisce proprio per i particolari. «Vediamo la disumanità sui disumanizzati e quella degli stessi disumanizzanti — ha proseguito il vescovo —. Vediamo un linguaggio sprezzante, insulti diffusi, pratiche umilianti. In tutto questo possiamo vedere le guerre, le violenze nelle famiglie, in particolare sulle donne,  i richiedenti asilo, che sono un altro aspetto di disumanità, lo sfruttamento sul lavoro, gli abbandoni, nonché la semplificazione e la generalizzazione dei giudizi. È disumanizzazione anche il nostro rassegnarci di fronte a tutto, diventata una malattia».

Come rispondere a questa realtà? «È necessaria l’umanità, ma non basta, perché deve essere una umanità diffusa e più grande. Anche in questi tempi di guerra, noi vogliamo costruire la pace, ricordando che la Risurrezione di Gesù Cristo comincia dalla sua Croce e dalla frase del centurione: “Veramente quest’uomo era figlio di Dio”». Al termine, Daniele Rocchetti ha ringraziato il vescovo per la sua presenza anche quest’anno e il prevosto monsignor Valentino Ottolini per l’ospitalità.