Otello

Al Teatro Donizetti di Bergamo da domani,  martedì 21 gennaio, e fino a sabato 25 alle 20.30 e domenica 26 alle ore 15.30 è di scena Massimo Dapporto che sarà Otello di William Shakespeare. Il bergamasco Maurizio Donadoni sarà Iago mentre Angelica Leo vestirà i panni della dolce e sfortunata Desdemona, consorte del Moro di Venezia e vittima innocente. Il drammaturgo e poeta inglese nel 1603 con questa tragedia aveva posto l’accento sulla fragilità della natura umana, sul concetto di bene e male, giusto e sbagliato. Un dibattito eterno che si perpetua sul palcoscenico ogni volta che si porta in scena il destino di personaggi immortali. «La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre» pronuncia Otello e l’inevitabile tragedia si compie.

Per quale motivo una storia come questa continua ad appassionare il pubblico?

«Per la sua attualità: avvengono due uxoricidi. C’è la violenza nei confronti della donna che purtroppo va avanti da secoli. Inoltre in Otello vi è il fattore razziale che viene fuori un po’ alla volta. Otello è un generale di colore al servizio della Repubblica Veneta, è un grande condottiero. Il Moro poco per volta comincia a sentire il peso della sua diversità nei confronti di Desdemona, non solo dal punto di vista del colore della pelle ma anche da quello della differenza di età, quindi Otello è un uomo fragile. Ha una doppia faccia: ottimo stratega però impreparato dal punto di vista sentimentale. In pratica Otello è un uomo solo».

Quanta energia occorre per interpretare il Moro di Venezia?

«È un’energia trattenuta fino al momento dell’uccisione di Desdemona. L’energia maggiore comincia con la paranoia di Otello che porta Otello a un esaurimento nervoso che culmina con la morte di Desdemona. Nella parte finale della tragedia sento che do molta più energia che nella prima parte dello spettacolo. È chiaro che un attore mentre sta in scena brucia energia continuamente, c’è sempre una tensione adrenalinica nell’interpretazione di un determinato personaggio».

Ha avuto la tentazione di scambiarsi il ruolo con Donadoni/Iago come la coppia Vittorio Gassman/Salvo Randone alla fine degli anni Cinquanta?

«Sì, me l’ha proposto Donadoni ma io avevo preparato la parte di Otello e non quella di Iago. Se fosse stato deciso prima di iniziare le prove l’avrei fatto molto volentieri, ma sono arrivato in questo spettacolo già in corso d’opera. Era iniziato con altri attori poi sono arrivato io, quindi essendo stato chiamato all’ultimo momento, non ho avuto la possibilità di preparare anche l’interpretazione di Iago. Come attore sono molto più affascinato dal personaggio di Iago che da quello di Otello, che è il vero mattatore di questo lavoro di Shakespeare. In questa tragedia Otello rappresenta la bontà contrapposta alla cattiveria di Iago. Questa bontà però a mano a mano che la storia prosegue viene distrutta da Iago che inculca nel Moro di Venezia una paranoia. Chi interpreta Otello a volte soffre del successo che ha Iago, io e Donadoni abbiamo stabilito una reciproca stima e amicizia e mi fa piacere che il personaggio di Iago sia interpretato da Maurizio e sono felice del successo che ottiene, perché se lo merita. Quindi ho superato il cruccio di assistere al successo di Iago…».

Cinema, televisione e teatro. Quale di queste tre branche dello spettacolo predilige?

«Prediligo senz’altro il teatro. Grazie alla televisione ho acquisito popolarità, com’è accaduto a molti altri attori, che mi ha permesso di avere risonanza sul palcoscenico teatrale. Senza la televisione sarei stato solo un nome, con il cognome esistevo perché Dapporto era già conosciuto. Mio padre Carlo ha lavorato per tanto tempo facendo onore al suo cognome. Io dovevo portare il mio nome, Massimo, all’altezza del cognome. Spero di esserci riuscito, altrimenti non sarei qui a rispondere all’intervista…»

Nel film «La famiglia (1987)» di Ettore Scola ha interpretato Giulio da giovane, con Suo padre Carlo che ha interpretato sempre Giulio nel ruolo di anziano. Che ricordi conserva di quella pellicola?

«Ricordi bellissimi che rimarranno per tutta la vita. Di questa pellicola innanzitutto ricordo il provino che non pensavo di passare, invece Scola mi scelse per il ruolo di Giulio. Ma il regista quando mi vide truccato per interpretare Giulio ottantenne si accorse che accanto a Gassman il mio viso sembrava finto. Così venne decisa la sostituzione dell’attore che interpretava Giulio dai cinquant’anni in poi. Io proposi mio padre, sono stato l’unico figlio d’arte che ha fatto lavorare il padre invece del contrario come avviene di solito. Mio padre accettò e gli dissi spiegandogli il personaggio “mi raccomando mantienilo aderente..”. È stata l’unica volta che abbiamo lavorato insieme, è stato anche un passaggio di staffetta. Io ho dato a mio padre, ma mio padre mi ha restituito subito».