Longuelo e Villaggio degli Sposi: il triduo dei morti nel segno della compassione

«E ne ebbe compassione». È una delle formule più ricorrenti all’interno dei Vangeli. È forse la frase che meglio di tutte incarna l’essenza cristiana: il figlio di Dio che «patisce insieme», che partecipa alla sofferenza dell’uomo. Le scritture sono pregne di questa compassione, di questo aspetto della pietas cristiana che è forse il più umano. Leggiamo di un Gesù che prova compassione per la madre che piange la morte del figlio, per i malati, per gli affamati. Leggiamo la parabola del buon samaritano («passandogli accanto n’ebbe compassione») e la parabola del figliol prodigo («suo padre lo vide e ne ebbe compassione»). Leggiamo, in Matteo 25, di un Dio che giudicherà in base alle opere di compassione che abbiamo compiuto («Ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»).
«Il Vangelo della compassione» è il tema scelto dalle parrocchie di Longuelo e del Villaggio degli Sposi per celebrare, in collaborazione con la nuova Chiesa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, il triduo dei defunti. «La Chiesa ha a cuore il compito di annunciare all’uomo il suo destino ultimo: a cosa siamo destinati?» si chiede don Massimo Maffioletti, parroco di Longuelo. «Quando parliamo della morte dobbiamo parlare anche di tutto quello che ci sta attorno. Il senso del triduo dei defunti è proprio questo: una volta all’anno, la parrocchia, pur non parlando esplicitamente dei morti, vive questa esperienza sui cosiddetti temi ultimi, richiamando ai “novissimi” della dottrina cristiana: la morte, il giudizio e dunque l’inferno o il paradiso».
Il triduo è una pratica pastorale ma, più concretamente, è un tempo di preghiera e di riflessione. Una riflessione che, necessariamente, dovrà estendersi ai temi della sofferenza e della compassione nelle tre serate del triduo. «Una delle serate si svolgerà presso la nuova Chiesa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, pertanto abbiamo cercato di legare il tempo della morte alla questione della malattia che è lo stato più vicino alla morte stessa. Ed è proprio attraverso l’esperienza della malattia che l’uomo si accorge di essere qualcosa di finito e dunque di mortale» spiega don Massimo. Ma come possiamo concretamente aiutare chi soffre? «Proprio attraverso il vangelo della compassione. Non a caso una delle sette opere di misericordia è quella di visitare gli infermi. La vera resurrezione è quando annunciamo ad un malato di un Dio compassionevole».
Nel corso delle tre serate, che avranno inizio alle 20.45, si articoleranno, dunque, temi inerenti il vangelo della compassione: il 3 novembre, presso la chiesa del Villaggio degli Sposi, prenderà la parola Mariano Marchesi, medico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, che racconterà della “Prossimità in corsia”; il 4 novembre, il tema che verrà trattato presso la chiesa dell’Ospedale sarà quello de “L’arte come esercizio di consolazione”, con l’intervento di don Fabrizio Rigamonti, direttore dell’ufficio dei Beni culturali della Curia, che illustrerà l’idea artistica di Mastrovito, Arienti e Freres (gli artisti che hanno impreziosito, con le loro opere, la nuova chiesa dell’Ospedale); a conclusione del triduo, il 5 novembre, alla chiesa di Longuelo, si parlerà della “Compassione e passione di Dio con e per l’uomo”.