I musulmani bergamaschi: «Noi lavoriamo per il dialogo e condanniamo ogni atto di violenza»

«Come giovani, come cittadini e abitanti di Bergamo, come persone, ripudiamo ogni atto di violenza; condanniamo inequivocabilmente tutti i massacri e le azioni terroristiche, compreso il recente attentato di Parigi, che ci ha lasciati pieni di sgomento e sdegno; respingiamo ogni tentativo di strumentalizzazione, generalizzazione e discriminazione; ribadiamo le ragioni della convivenza civile e pacifica»: questo il messaggio pubblicato il 9 gennaio sulla pagina facebook dei Gmi Bergamo, i Giovani Musulmani della nostra città, a pochi giorni dai fatti di Parigi, sottolineando l’appello all’unità nelle nostre diversità, per non «darla vinta a tutti quelli che vogliono farci cedere alla paura e all’odio, nella consapevolezza che ora più che mai serve affermare con forza i valori della cultura, del dialogo e della coesione».
I Gmi sono presenti a Bergamo da quattro anni e sin dall’inizio si sono distinti anche per quanto riguarda il dialogo interreligioso: «Da parte della Chiesa di Bergamo e dei suoi rappresentanti religiosi – spiega Ghiath El Joulani, 24 anni, rappresentante dei Gmi a livello nazionale e membro della sezione bergamasca – c’è sempre stata una grande collaborazione e apertura. Abbiamo operato insieme per eventi come “Molte fedi sotto lo stesso cielo” o con interventi nelle scuole durante l’ora di religione. Siamo stati sempre ben accolti e ci hanno dato una mano». Per quanto riguarda i fatti di Parigi, la prima reazione è stata di tristezza: «Come giovani ci siamo rattristiti per questo atto terroristico. Sono stati anche giorni difficili: abbiamo visto l’odio verso i musulmani e la strumentalizzazione e l’esasperazione che ne è stata fatta. Abbiamo avuto anche paura. È stato un atto contro la nostra stessa religione: per colpa di alcune persone una religione intera è stata accusata di predicare l’odio e l’uccisione dei miscredenti, quando non è così. Non abbiamo dubbi sul dissociarci da quello che è successo, anche se non dobbiamo chiedere scusa: non è un atto commesso da noi, ma da dei terroristi. Ci dissociamo da qualsiasi atto di odio e non rispetto verso il prossimo». I Gmi hanno aderito al presidio, organizzato da diverse realtà territoriali, proprio in nome dell’unità, «È il momento di #stareinsieme – Bergamo”, che si è tenuto sabato scorso in piazza Vittorio Veneto: «Un presidio organizzato in poco tempo e che ha visto la partecipazione di circa 300 persone. L’apertura e la vicinanza del popolo bergamasco ci rassicura. E i primi ad esserci stati vicini sono stati proprio i rappresentanti religiosi, cristiani e non, a livello locale, attraverso messaggi di sostegno».
«Il rapporto con i bergamaschi continua ad essere buono – riferisce Mohamed Saleh, vicepresidente del Centro islamico di via Cenisio -: non ho notato nulla di diverso o di nuovo in questi ultimi giorni, in seguito a quanto successo a Parigi. Ci sono i soliti avvoltoi, con la loro campagna elettorale eterna: non si può sempre strumentalizzare ciò che succede. Bisogna essere più maturi e responsabili di fronte a certe realtà: non si può cavalcare l’ignoranza e la paura della gente poco informata su certi temi. Bisogna fare distinzione tra i criminali e chi è qui lavorando e vivendo onestamente». Anche il Centro culturale islamico ha preso parte al presidio: «Una presenza simbolica per sottolineare che siamo tutti per la democrazia e la buona convivenza. Il rapporto con le autorità cattoliche è più che ottimo: sia il Vescovo che don Massimo Rizzi, del Segretariato Migranti, ci invitano sempre alle loro iniziative e noi partecipiamo,. C’è un rapporto di amore, stima e dialogo. Alla luce degli ultimi avvenimenti abbiamo ricevuto diversi messaggi di solidarietà, tra cui un’e-mail di don Rizzi che abbiamo appeso nel nostro Centro culturale».
E aggiunge: «Per quanto riguarda le polemiche sui luoghi di preghiera, bene o male riusciamo a pregare. Penso che prima o poi prevarrà il buon senso: il diritto di avere un luogo di preghiera è sancito dalla Costituzione e anche il mondo cattolico con lo stesso papa Francesco lo sostiene».

La foto è di Miriam Ferri