Immigrati. Nomi, volti, non numeri o problemi

GLI IMMIGRATI PRODUCONO 127 MILIARDI DI RICCHEZZA

Producono una ricchezza paragonabile al fatturato della Fiat. Versano quasi 11 miliardi di contributi, che permettono di pagare la pensione a 640mila italiani. E sborsano quasi 7 miliardi di Irpef. Per loro lo Stato spende meno di 15 miliardi, il 2% scarso della spesa pubblica. Sono i lavoratori immigrati. È uno studio della Fondazione Leone Moressa di Mestre a calcolare le dimensioni reali dell’economia dell’immigrazione. Un testo che frantuma, ancora una volta, molti luoghi comuni sul peso dell’immigrazione nel nostro Paese. E che dice quanto invece sia importante per la nostra ricchezza. L’Italia è il terzo Paese in Europa per immigrati, con 5 milioni circa di presenze, dietro alla Germania con 7 e la Gran Bretagna con 5 e mezzo. Nel Belpaese sono l’8%, un po’ sopra la media europea del 7%, ma ci sono Stati più piccoli del nostro che arrivano al 10%, come Belgio e Austria. Secondo la ricerca – 214 pagine di dati e tabelle – gli stranieri che lavorano in Italia producono dunque 127 miliardi di ricchezza, cifra paragonabile appunto al fatturato del primo gruppo industriale italiano (FCA, gruppo Fiat), pari a 136 miliardi. O al valore aggiunto prodotto dall’industria automobilistica tedesca. Il contributo economico dell’immigrazione si traduce in 10,9 miliardi di contributi previdenziali pagati ogni anno, in 6,8 miliardi di Irpef versata, su 46,6 miliardi di redditi dichiarati.

SEMPRE PIÙ IMPORTANTI PER IL NOSTRO PAESE

Nel 2015 sono stati 656 mila gli imprenditori immigrati e 550 mila imprese a conduzione straniera, il 9,1% del totale che producono ogni anno 96 miliardi di valore aggiunto, il 6,7% di quello nazionale. Negli ultimi anni (2011/2015) le imprese condotte da italiani sono diminuite del 2,6%, mentre quelle condotte da immigrati hanno registrato un incremento significativo (più 21,3%). Di contro, la spesa destinata agli immigrati è pari all’1,75% della spesa pubblica italiana (pari a 14,7 miliardi: molto meno, ad esempio, dei 270 miliardi per le pensioni), soprattutto per sanità (4 miliardi), istruzione (3,7) e giustizia (2). Secondo il dossier, per mantenere i benefici attuali anche nel lungo periodo sarà necessario aumentare la produttività degli stranieri, non relegandoli a basse professioni. Dal confronto degli stipendi e dei redditi degli stranieri emerge che in media gli stipendi dei lavoratori dipendenti è di 1.300 euro per gli italiani e 1.000 per gli stranieri, il 23% in meno. Non c’è dubbio dunque che nel nostro Paese l’immigrazione sia sempre più importante.

GLI STEREOTIPI E LA REALTÀ

In un bell’articolo apparso nei giorni scorsi sul Sole 24 Ore, mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, scrive che più dei numeri e dei fattori che ne turbano nell’opinione pubblica la percezione, “ci tengo a sottolineare con forza la bugia di chi sostiene che l’immigrazione stia danneggiando la nostra economia e il nostro mercato del lavoro (peraltro già provato da lunghi anni di crisi). Chi conosce la realtà – e come Chiesa sul territorio non siamo secondi a nessuno – sa che l’immigrato che incontra una porta aperta che gli consente di diventare un cittadino, è in prima fila nel sostenere le sorti del Paese.” Galantino scrive poi che senza andare lontani, basterebbe un giro nelle valli della Penisola per accorgersi di quante scuole sono state letteralmente salvate dall’apporto dei figli degli immigrati: tanti piccoli centri sono ancora attraversati dalle voci dei ragazzi – e dei loro insegnanti! – proprio in virtù di questa presenza. I minori immigrati sono oltre un milione e 100 mila e più di metà di loro sono nati in Italia. Un discorso analogo occorrerà iniziare a farlo sul piano culturale. Sotto questo aspetto, infatti, continua il segretario CEI, “la presenza dei migranti ci sta regalando una ricchezza che genera conoscenza, scambio e crescita per tutti noi. Se così stanno le cose, non commettiamo allora l’errore di continuare a guardare questi fratelli quasi fossero semplicemente dei numeri o dei problemi. La mobilità umana che incarnano è una dimensione essenziale per la rigenerazione del nostro Paese. Per coglierlo davvero dobbiamo riconoscere come dietro ciascuno di loro ci siano storie e insegnamenti di cui tutti dovremmo beneficiare, per la nostra crescita umana e anche spirituale; per il nostro impegno a servizio della giustizia e della pace.”