«Gli episodi di bullismo nei confronti sia degli studenti che dei docenti delineano un orizzonte cupo non solo della scuola ma della società occidentale. Sembra che in ogni luogo ci sia un’avanzata inesorabile di uno stile di vita nichilista che appiattisce tutto e toglie di significato ad ogni realtà sociale. Bisogna dare una risposta alta a questa deriva sociale e culturale, dando un senso alla vita che svolgiamo e alle istituzioni che viviamo».
Sono parole del cardinale Gualtiero Bassetti, intervenuto il 16 aprile scorso al convegno nazionale dei Direttori degli uffici diocesani e regionali di Pastorale della Scuola e per l’insegnamento della religione cattolica sul tema: Non abbiate paura di sognare cose grandi. La Chiesa per la scuola, guardando al Sinodo 2018. Un’occasione per fare il punto su alcuni aspetti della situazione scolastica in Italia, ma soprattutto per rilanciare quello che lo stesso cardinale ha indicato, usando le parole del Papa, come vero amore per la scuola.
Cosa vuol dire? E cosa vuol dire, in particolare oggi, quando le cronache riferiscono spesso delle difficoltà di un’istituzione non solo in perenne cambiamento e talvolta soffocata da problemi burocratici e di funzionamento ordinario, ma soprattutto delegittimata in profondità, nell’asse portante del rapporto con la società e le famiglie, al punto di dubitare delle sue potenzialità? E, ancora oggi, la scuola capace di fare il suo mestiere, di prendersi cura per usare un termine ricco di suggestione dei più piccoli e portarli a diventare protagonisti del mondo in cui si trovano?
Bisogna amare la scuola. Questo l’invito del cardinale, sulla scia del Papa. Un invito ai giovani, anzitutto, anche quando non corrisponde ai propri desideri. Un invito che significa anche darsi da fare perché possa migliorare: con il dialogo, la pazienza, l’impegno di tutti. Ma più forte l’invito suona per i genitori, cui il cardinale Bassetti chiede di avere fiducia nella scuola, proprio quando, come oggi è sempre più comune dire che «si è rotto il patto educativo tra scuola e famiglia, è finita quella fiducia che faceva lasciare i propri figli nelle mani degli insegnanti con la certezza che gli insegnanti avrebbero dato loro il meglio. Quanti episodi di cronaca lo testimoniano. Anche episodi molto gravi, recentissimi. «Nonostante ciò, la scuola rimane sempre un luogo di accoglienza e di crescita insieme, una comunità in cui tutti devono potersi confrontare con franchezza e con fiducia reciproca».
Per gli insegnanti sono infine le parole più calde. Per loro, che fanno, come ogni educatore, uno dei lavori più belli del mondo, è l’incoraggiamento più grande: Non saranno le tecnologie, né le riforme di sistema, né le nuove metodologie a salvare la scuola. La scuola sarà salvata soltanto da insegnanti motivati e consapevoli del loro ruolo di educatori, al servizio degli alunni più che delle loro materie». Servono sono indispensabili, certo e non bisogna fare sconti il riconoscimento sociale, le riforme, le risorse, ma più ancora passione e convinzione. Amore per la scuola.
Fanno paura e sconcertano i fatti di cronaca. Il bullismo, la delegittimazione dei docenti, la precarietà delle strutture scolastiche. Aprono scenari complessi e chiedono interventi a diversi livelli, da studiare con attenzione. Tuttavia il denominatore comune non può essere che la convinzione di come la scuola sia decisiva, fattore di crescita e di speranza per le generazioni e la società. Partendo da qui si possono sognare cose grandi.