Penso Parlo Posto: un libro e una palestra per la comunicazione non ostile

“Penso, parlo, posto”: è il titolo di un libro (edito da Il Castoro) ma anche un consiglio concreto e una dichiarazione d’intenti. Il progetto da cui nasce è quello di Parole Ostili, che si impegna contro l’”hate speech” e per una buona comunicazione sul web. Gli autori Carlotta Cubeddu, pedagogista e autrice di numerosi libri per ragazzi e Federico Taddia, conduttore televisivo, giornalista e scrittore, si sono ispirati ai principi del Manifesto del movimento. Contiene storie, indicazioni e consigli utili, ma soprattutto tanti spunti per porsi le domande giuste e riflettere sulla propria presenza sul web. Si rivolge a un pubblico di giovanissimi, ma è molto utile anche e soprattutto agli adulti, insegnanti e genitori. Ne abbiamo parlato con Carlotta Cubeddu.

Com’è nato questo libro?

Da una richiesta di Parole Ostili e della casa editrice Il Castoro, alla quale Federico Taddia ed io siamo stati felici di aderire. Non è stato facile tradurre i principi del manifesto in una forma e in una lingua adatta al nostro target, i ragazzi dell’ultimo anno della scuola primaria e del primo anno della scuola secondaria di primo grado, all’inizio avevamo tanti dubbi e poche risposte. Abbiamo pensato che fosse importante costruire i contenuti con i ragazzi, per questo nella prima parte del libro c’è sempre un racconto che introduce una situazione quotidiana, una parte di riflessione che invita a esprimere un’opinione “secondo te” e una più divulgativa. Questo perché volevamo fare in modo che i ragazzi si ponessero tante domande e ne parlassero con gli adulti di riferimento e con noi autori.

Non è solo un libro, ma uno strumento di lavoro.

E’ un punto di partenza utile per le scuole e per i genitori. Sappiamo che molti lo leggono ai loro figli prima di dormire, perché è adatto a momenti di conversazione e offre un’esperienza viva, che permette di immedesimarsi. Le insegnanti per ogni punto del manifesto di Parole Ostili possono scegliere i racconti più adatti all’età e alle esperienze dei ragazzi che compongono la loro classe.

I racconti riguardano storie vere?

Sì, nascono da interviste e incontri nelle scuole. Federico Taddia ha due figli e una lunga carriera come divulgatore, io da oltre quindici anni mi occupo di animazione alla lettura. Abbiamo attinto a tutti i nostri contatti di quell’età per farci raccontare più storie possibili, i problemi che hanno avuto, come li hanno affrontati. Ora, a qualche mese di distanza dall’uscita del libro, riceviamo molti feedback, i ragazzi ci raccontano le loro storie. E’ capitato per esempio il caso curioso di un ragazzo che si lamentava perché la madre gli fa le foto mentre dorme e poi le posta sui social e lui si vergogna. Abbiamo raccolto moltissimo materiale e abbiamo selezionato quello che sembrava più adatto per questo testo.

A volte sono gli stessi adulti ad essere privi di strumenti per confrontarsi con il mondo digitale e a offrire un “cattivo esempio”.

Molte situazioni che ci hanno raccontato in effetti non riguardano tanto la violenza della rete o del linguaggio ma la relazione con i genitori o in generale con gli adulti. Molti si lamentano del fatto che  le regole sull’utilizzo dei mezzi digitali (come il divieto di consultare il cellulare a tavole) valgano solo per i ragazzi. Come comunità adulta dobbiamo riaccreditarci agli occhi dei ragazzi, molto attenti a ciò che scriviamo, diciamo e facciamo: se gli diciamo di evitare un linguaggio e lo usiamo noi stessi non siamo credibili. Ci sono genitori che mandano messaggi whatsapp ai figli durante le lezioni. Rispondere o no è una scelta di campo.

Qual è stata la parte più complicata di questo lavoro?

La parte più difficile è stata decidere come affrontare questo argomento. Studiando la rete incappavamo continuamente in esempi negativi e trovavamo difficile scrivere un vero e proprio manuale perché non ci sono ancora abbastanza studi scientifici che ci permettessero di scegliere una precisa linea di condotta.

Ci sono progetti didattici legati al libro?

C’è un progetto della casa editrice “Il Castoro” rivolto proprio alle scuole, proprio per questo abbiamo messo molto materiale a disposizione degli insegnanti, che hanno la possibilità di organizzare attività preparatorie in classe e poi l’incontro con gli autori. La presenza su web e social è naturale per i ragazzi, tutti creano profili già in età molto precoce, molti ne hanno diversi, almeno due, uno personale e uno nascosto per poter vedere le stories degli amici senza farsi scoprire. Sono situazioni complesse e con un’evoluzione molto rapida, che richiedono un’attenta formazione.