Dal cuore di un Prete. “Lettere” di Alessandro Deho’, parole che aiutano a respirare

In questi giorni, terminate le attività estive, oltre che a gettare lo sguardo sul prossimo mese di settembre e la ripartenza delle diverse esperienze negli oratori, ho impegnato il mio tempo nella lettura. In particolare, mi sono impegnato anche in una rilettura.

Ho riletto un libro che raccoglie le lettere scritte, in tempo di piena pandemia, lo scorso anno, da don Alessandro Deho’, prete diocesano di Bergamo, che da qualche anno vive in Lunigiana, in una casa nei pressi di un bosco, in prossimità di un eremo.

Non intendo qui tanto parlare delle lettere, ma regalare ai lettori alcuni frammenti e alcuni fremiti che mi hanno scosso interiormente alla lettura.

Quando un libro si inteccia con la vita: lasciarsi leggere

Don Alessandro racconta, nelle prime pagine, che si è lasciato scrivere. Ecco, io dalle sue lettere mi sono lasciato leggere: ho lasciato che la vita lì raccontata si intrecciasse con la mia.

Lo confesso, ho avuto paura, con la matita che accompagna fedelmente le mie letture, di calcare troppo sulle pagine di Alessandro, di far violenza all’intimità dell’amico che le ha scritte.

Le due lettere dedicate a papà Franco, morto a causa del COVID-19, sono struggenti. Conclude la prima, Alessandro, scrivendo: “Aspetto.. Ti voglio bene. Aspettami”. Ho dovuto chiudere il libro, non sono riuscito, quella sera, a leggere un’altra lettera, anche se avevo tempo e desiderio di farlo.

Bastava quella, al cuore, in quel momento. I testi di Alessandro profumano di Risurrezione. “La vita è già risorta qui, ora. Questo è ciò che l’amore canta da sé se troviamo il coraggio di ospitarne la forza dirompente […]L’amore contiene la distruzione che la paura e il male oscuro operano senza sosta. Amare è porre argine alla distruzione, anche alla nostra”. 

Un invito a non cedere alla rassegnazione

I componimenti, inscindibili dal vissuto concreto che ha segnato la vita di don Alessandro, costituiscono un invito a non cedere alla rassegnazione che, tipicamente, tempi come quelli che stiamo vivendo portano con loro. 

“La vita accade senza chiedere permesso, a noi riuscire a trasformare tutto in una possibilità”. Certo, questo avviene soltanto se si ha il coraggio di integrare nella vita anche l’inevitabile sofferenza che si incontra nel corso dell’esistenza.

Quando si diventa capaci, come scrive Alessandro nella lettera Al mio bambino, idealmente attribuita a Giuseppe, di “ricamare vita perfino dal legno di una croce”. È così.

Parole che aiutano a respirare. Non si va in paradiso con gli occhi asciutti

Un uomo saggio che conobbi durante l’anno di Scuola Vocazioni Giovanili a Bergamo, fratel Angelo Caldara, diceva che nessuno va in Paradiso con gli occhi asciutti. Lo scrive splendidamente anche don Alessandro, con queste parole: “Lacrime. Non è vera libertà quella concessa senza piangere. Non c’è nessuna verità nelle parole aride, nei cuori che spiegano la vita senza la pioggia salata degli occhi”.

Don Alessandro ha iniziato a scrivere queste parole divenute lettere appena dopo aver rifiutato un invito a fare proprio questo, scrivere ancora di Covid. Spero che continui a farlo, provocato dalla sua vita e dalla sua fede, dall’accadere delle cose, per regalarci nuovamente parole che fanno respirare.