Luigi Maria Palazzolo, gigante della carità. Suor Linadele Canclini: “Prete santo”

SUOR LINADELE

«Il Beato don Luigi Maria Palazzolo è stato un gigante della carità, perché innanzitutto è stato un santo prete. Sono state la sua fede, la spiritualità e l’intensa preghiera a spingerlo a soccorrere poveri, giovani vaganti per la strada, orfani, orfane, che allora erano i più dimenticati della società». È il ritratto del Beato don Luigi Maria Palazzolo, fondatore della Congregazione delle suore delle Poverelle (22 maggio 1869), tracciato da suor Linadele Canclini, postulatrice nel processo di canonizzazione del Palazzolo, che sarà iscritto nell’albo dei Santi domenica 15 maggio in piazza San Pietro a Roma da Papa Francesco. Il 28 novembre 2019 il Pontefice aveva riconosciuto una guarigione scientificamente inspiegabile, ottenuta per intercessione del Beato Palazzolo, quando suor Gianmarisa Perani, dimessa dall’ospedale in stato preagonico, guarì dopo aver invocato con fervore il Fondatore. Attualmente le Poverelle sono presenti in varie regioni d’Italia, Africa (Congo, Costa d’Avorio, Malawi, Kenya, Burkina Faso) e Sudamerica (Brasile, Perù), impegnate in luoghi di antiche e nuove povertà, parrocchie, ospedali, case di riposo, carceri, strutture per disabili, senza fissa dimora, gioventù e donne con gravi problemi.

Lei era presente, lo scorso anno, al concistoro in cui il Papa ha annunciato la canonizzazione del Palazzolo.

«Mentre Papa Francesco parlava, ho percepito che stavo vivendo un grande momento di Chiesa, che onora dei Santi che molto hanno fatto in favore del prossimo. Con la canonizzazione, la figura del Palazzolo sarà conosciuta a livello di Chiesa universale».

Qual è la radice della carità del vostro Fondatore?

«Il suo “abbracciamento” quotidiano a Cristo Crocifisso lo ha spinto all’“abbracciamento” dei più poveri, dimenticati e rifiutati. Pensiamo alla sua frase, che ci accompagna dagli inizi dell’istituto: “Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che io potrei fare, ma dove altri non può giungere cerco di fare qualcosa io così come posso”. E per “rifiuto” il Palazzolo intendeva i più dimenticati dalla società e quindi più bisognosi di aiuto. In pratica, il Beato Palazzolo ha fatto molto perché ha pregato e creduto molto».

Gli storici affermano che il Palazzolo ha fatto molto grazie anche a madre Teresa Gabrieli, di cui è in corso il processo di beatificazione.

«Ha seguito il Palazzolo fin dagli inizi. Hanno costruito tutto insieme. Il Palazzolo chiedeva consigli a madre Teresa, donna pratica e operativa, per nuove fondazioni e iniziative e lui la ascoltava. Ed è stata la prima madre generale del nostro istituto. Speriamo di vedere presto anche lei nell’albo dei Beati».

Le Poverelle sono da sempre presenti anche fra i malati. 

«Fin dagli inizi, il nostro Fondatore in una lettera alle sue suore scrisse di “adoperarsi per i malati poveri che giacciono nelle proprie case anche in caso di malattie contagiose”. E lo furono durante l’epidemia di colera che colpì la città a fine 1800, quando anziani e malati erano abbandonati e senza cure. E anche oggi le Poverelle sono presenti attivamente fra i malati e gli anziani».

Presenza mai venuta meno neppure nella tragica epidemia di Ebola nell’ospedale di Kikwit in Congo, nel 1995, quando morirono sei Poverelle

«Ebola è terribile. Basta un contatto per contagiarsi e morire in una decina di giorni. Le nostre sei suore non hanno esitato un attimo a curare i malati e ad aiutarsi reciprocamente. Lo scorso anno, il Papa ne ha riconosciuto le “virtù eroiche”, cioè di aver esercitato in modo eminente le virtù cardinali, cioè prudenza, fortezza, giustizia, temperanza, e quelle teologali, cioè fede, speranza carità».

Tre anni fa, la biografia del Palazzolo scritta da monsignor Arturo Bellini è stata presentata nel carcere cittadino.

«È uno dei luoghi di bisogno e all’interno dal 1977 è presente una comunità di Poverelle per stare accanto alle detenute. In precedenza, dal 1926, erano nel vecchio carcere di Sant’Agata. Nell’incontro, la madre generale suor Marilina Monzani aveva ricordato che nel nostro archivio sono conservate lettere di ex detenute che ringraziano le nostre suore per essere state per loro come delle mamme per consigli e vicinanza».

Carmelo Epis