La catechesi è come un seme. Un lavoro paziente da alimentare con fiducia

Ha ancora senso dedicare tante energie alla catechesi? Perché? Risponde a queste e molte altre domande l’indagine realizzata nell’ultimo anno dall’Ufficio catechistico, rielaborata e restituita settimana scorsa durante l’Incontro diocesano dei catechisti. Sono molti gli spunti di riflessione emersi dai risultati.

Prima di tutto i numeri: le parrocchie sono 389, alcune sono riunite in unità pastorali. A tutte sono state proposte venti domande che riguardano l’attività di catechesi. Hanno restituito i questionari 209 comunità, il 53,73%. Gli iscritti ai corsi dell’iniziazione cristiana sono 25 mila, con 2.818 catechisti (secondo stime e proiezioni complessive in totale potrebbero essere oltre cinque mila).

“La catechesi entra in moltissime famiglie – ha osservato don Mattia Magoni, direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della diocesi, commentando i risultati – non necessariamente credenti e praticanti, permettendo quindi di svolgere un’azione di evangelizzazione diffusa, altrimenti impossibile. Arriviamo in molte case dove altrimenti non riusciremmo ad entrare. E qualcosa resta”.

Com’è importante mettersi a servizio dei piccoli

C’è chi sostiene la tesi che per aderire realmente alla fede ci voglia un’età matura, e che quindi si debba investire soprattutto sugli adulti. “Dove però questo è avvenuto – spiega don Mattia – si è spenta tutta la catena di trasmissione della fede”. Svolgere l’attività di catechisti spinge a mettersi in gioco e ad approfondire la propria fede e a crescere sotto questo aspetto.

La catechesi, continua don Mattia “è come un seme. Domani ad alimentarla penserà la vita, con le sue prove. Non siamo chiamati però a giudicare adesso i risultati, in base a quanti partecipano alla messa. Quello che il questionario rimanda è che la catechesi è il primo impatto significativo con la vita di fede”.

Ha posto inoltre l’attenzione sulla necessità di selezionare in modo accurato risorse e strumenti e calibrarle in modo attento rispetto alle persone che abbiamo di fronte. “Il catechista racconta la vita di Gesù, la sua fede, quella della comunità e della chiesa”.

Il ruolo importante dei catechisti: è importante resistere

In modo attento e concreto don Andrea Mangili, direttore dell’ufficio catechistico, ha invitato ad allargare la riflessione sui numeri: “Quello del catechista è un servizio, una vocazione, un ministero. In questi anni è importante non venire meno. L’indagine mostra ancora un coinvolgimento importante, ma il rimando che abbiamo da molte parrocchie è che queste figure mancano, che i parroci a volte non riescono più a far quadrare i conti”. Per questo in un momento delicato don Andrea ha lanciato l’appello a resistere e a mettere in atto un impegno di coinvolgimento e corresponsabilità trovando nuove persone disposte a impegnarsi e a subentrare. Un accento importante sulla formazione: “Non è un optional – sottolinea don Andrea – anzi, è fondamentale. E non bisogna soffermarsi solo sui contenuti, ma anche su altre dimensioni. Su chi siamo, perché per i ragazzi i catechisti sono i primi testimoni di fede, sui metodi e sulla necessità di conoscere e avvicinarsi alle nuove generazioni”.