Boccaleone, tre opere di Emiliano Tironi nella chiesa del monastero delle suore Clarisse

Il 27 febbraio scorso, il vescovo Francesco Beschi, nel corso di una Messa solenne, aveva inaugurato i lavori di ristrutturazione della chiesa del monastero delle Clarisse di Boccaleone con la dedica a San Giuseppe. Era un sogno da tempo pensato dalle monache. Ora questo sogno si è completato con la posa di tre bellissime grandi pale iconografiche, opera del maestro Emiliano Tironi, bergamasco di Stezzano. La pala centrale raffigura Cristo Crocifisso con Maria Santissima e l’evangelista San Giovanni. Quella di sinistra ritrae la Fondatrice Santa Chiara, Santa Elisabetta d’Ungheria, patrona del Terz’Ordine francescano, e San Francesco d’Assisi. La pala di sinistra raffigura San Giuseppe, San Giovanni XXIII e San Giovanni Battista.

Nel corso di una celebrazione molto suggestiva lo scorso 1* ottobre, le pale sono state benedette da fra Enzo Maggioni, ministro provinciale dei Frati minori d’Italia. Indicando i Santi raffigurati, significativi per l’Ordine delle clarisse, l’iconografo ha evidenziato come la loro «visione può forse sconcertare all’inizio: tutto quell’oro attorno non è altro che la luce di Dio che tutti avvolge, tutti quei colori accesi, a volte contrastanti, ci parlano di martirio, di umiltà, di essenzialità, ma anche di un amore incredibile; tutta quella luce sui volti ci svelano un mondo senza ombre, trasfigurato, il mondo folle di un Signore che irrompe nella storia dell’uomo come Parola, come Volto e come Luce. Dunque — ha aggiunto l’iconografo — le icone sono luogo della presenza di Dio esse sono immagini ecclesiali, non frutto della fantasia del pittore. Tutto il programma iconografico del rinnovato Tempio ha parte proprio dell’integrazione fra immagini e spazio sacro».

Poi una confidenza. «C’è sempre una certa fatica in me a entrare in questo mistero. Mi mette a confronto con un volto di Dio che non conosciamo e che ci riempie di smarrimento. Allora come accadde a San Francesco, anche per noi la contemplazione di Gesù in croce ci invita a rivedere con coraggio la qualità della nostra fede e della nostra adesione a Gesù che salva. Davvero era la speranza quella che avrei voluto scaturisse dal mio lavoro e allora ecco un Cristo che sta diritto sulla croce, invece d’esserne appeso e che ha gli occhi aperti e guardanti il mondo, con tenerezza e misericordia: un Crocifisso che affonda le radici nella grande tradizione medioevale e mi sembra che bene  esprima il mistero di questo Dio che soffre di solitudine e che viene a trovarci passando attraverso le nostre povere mani». 

Dopo la liturgia della Parola, fra Maggioni ha invitato i presenti a porre l’attenzione al grande paradosso della nostra fede. «Attraverso le realtà visibili come la materia possiamo conoscere il Dio invisibile. L’invisibile e il visibile si toccano, sino a divenire i secondi rivelatori dei primi. Dobbiamo sempre chiedere il dono della fede per riconoscere la presenza di Dio nelle realtà visibili del nostro mondo». Al termine, tutti i presenti, processionalmente, si sono avvicinati al complesso iconografico e hanno manifestato il proprio affetto con un bacio, con un inchino, una genuflessione. «È stato un momento molto suggestivo e commovente — sottolineano le Clarisse —. In tutti si è percepita molta partecipazione emotiva, affettiva e spirituale»,