I segni di cedimento della scuola

I ragazzi del quinto all'entrata della scuola Giulio Cesare per l'esame di maturita', Roma, 22 giugno 2022. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Il quadro sullo stato degli apprendimenti che emerge dalle prove Invalsi 2023 è difficile da sintetizzare in maniera esaustiva.

Gli esami di maturità 2023 sono conclusi. I dati (parziali) a disposizione riferiscono un calo delle eccellenze rispetto al passato, probabilmente riconducibile anche al fatto che quest’anno i maturandi hanno affrontato l’Esame di Stato nella sua formula “tradizionale”, senza “sconti” Covid.

Quest’ultima edizione ha inoltre sollevato polemiche da diversi fronti, in molti sembrano ritenere questa prova non più “al passo” con i tempi. Da un sondaggio organizzato dall’Ufficio di coordinamento Nazionale delle Consulte studentesche, che ha coinvolto circa 11.000 studenti, sono emerse critiche nei confronti delle tracce proposte dal Ministero per il tema di italiano. Maggior consenso ha invece riscosso la seconda prova scritta, vale a dire quella relativa all’indirizzo di studi, agli studenti è sembrata più “coerente” con il lavoro fatto, sebbene quasi la metà di essi abbia riscontrato difficoltà nello svolgimento.

Anche rispetto alle attività di orientamento avviate all’interno delle scuole molte remore sono state espresse. Ben oltre la metà (59%) degli studenti si sente di “bocciarle”. Il motivo? Un approccio eccessivamente teorico all’argomento che le rende noiose (57%) e un tendenziale distacco dalla realtà (32%). Ecco quanto riportato da un’indagine condotta dalla piattaforma Skuola.net e da Gi Group, nell’ambito della seconda edizione dell’osservatorio “Giovani e Orientamento”, la quale evidenzia anche che alla vigilia della maturità solo uno studente su 5 sostiene di sapere perfettamente quale strada professionale o iter di studi intraprendere.

A completare il quadro dei futuri “nodi da sciogliere” per la scuola italiana, anche i risultati delle prove Invalsi 2023, che hanno coinvolto oltre 12.000 scuole, statali e paritarie, 2.700.000 studenti, insieme ai loro docenti e alle loro famiglie.

Occorre precisare che il quadro sullo stato degli apprendimenti che emerge dalle prove Invalsi 2023 è difficile da sintetizzare in maniera esaustiva. In generale, i media ne hanno offerto una versione “semplicistica”. Nelle pagine introduttive del rapporto Roberto Ricci, presidente Invalsi, avvisa che “i dati presentati (…) ci restituiscono l’immagine di un Paese diviso rispetto ai livelli medi di risultato. A fronte di una parte del Paese, prevalentemente le regioni centro-settentrionali, che consegue risultati via via migliori e in linea con quelli di altri Paesi, si assiste a un progressivo distanziamento negativo del Mezzogiorno. Tali divari non riguardano soltanto gli apprendimenti in senso stretto, ma anche le opportunità di apprendere”. Ricci, però, non manca di rimarcare che i dati riportano anche “ottimi risultati” nelle prove d’Inglese, “alcune inversioni di tendenza nel tempo degli esiti del Mezzogiorno, la riduzione di un punto percentuale della dispersione scolastica implicita”.

Il nervo scoperto riguarda l’apprendimento della lingua italiana: nella secondaria di secondo grado soltanto il 51% degli studenti raggiunge un livello di preparazione adeguato all’età e al percorso di studi, registrando un significativo calo del risultato medio nazionale da inizio pandemia (-15,1% tra il 2019 e il 2023). Anche in matematica i risultati non sono di grande soddisfazione: soltanto la metà degli studenti riesce a raggiungere risultati adeguati, ma il confronto con gli anni passati è meno severo rispetto al 2019 (-8,9%).

I segni di cedimento del nostro sistema di istruzione sono inequivocabili, “non si tratta solo di trovare risorse – spiega ancora Ricci -. La sfida è metodologica, didattica e di organizzazione”. “La scuola ha bisogno dell’aiuto di tutte le componenti della società – continua il presidente Invalsi -, ma soprattutto di una collettività che la sostenga con garbo, convinzione e dedizione. (…) Serve l’umiltà della presa in carico, partendo dalla concretezza dei problemi, evitando il benaltrismo che tende ad addossare pigramente agli altri la responsabilità dell’agire, senza mai cimentarsi o concentrarsi su cosa ciascuno può fare o realizzare, sul contributo di ognuno, nessuno escluso”.