Cesvi, 8 marzo a fianco delle donne del mondo. La storia di Nene e la prevenzione del tumore in Congo

Non solo auguri e mimose: l’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna e per celebrare, ma soprattutto proteggere e valorizzare il gentil sesso, sono molte le organizzazioni umanitarie che si battono ogni giorno in ogni angolo del mondo. Cesvi rinnova il suo impegno a favore delle donne nel mondo con “Women Profile For Africa”, un progetto avviato con Fondazione Veronesi nel 2014, per la prevenzione e la diagnosi del tumore al collo dell’utero. Obiettivo principale del progetto è prevenire e diagnosticare, attraverso un programma di screening, il tumore al collo dell’utero, il terzo cancro più diffuso tra le donne di tutto il mondo. Circa 530.000 nuovi casi e 275.000 decessi vengono registrati ogni anno a livello globale, di cui l’88% nei Paesi in via di sviluppo, come la Repubblica Democratica del Congo. Afferma Pascal Lutumba, Professore di Medicina Tropicale dell’Università di Kinshasa: «Il 28% dei decessi per cancro in Repubblica Democratica del Congo è rappresentato da questo tipo di tumore. Le donne non si sottopongono ai controlli che permetterebbero di prevenire questi decessi per motivi economici, geografici e culturali». L’accesso alle cure mediche in Congo ha infatti costi molto alti, le strutture sanitarie sono lontane e difficilmente raggiungibili dai centri abitati e la mancanza di informazioni fa sì che le donne non si sottopongano a controlli medici se non in presenza di sintomi gravi. «Per questo motivi la sensibilizzazione è fondamentale- dichiara Daniela Bernacchi, Direttrice generale Cesvi -per garantire a queste donne il diritto alla salute bisogna partire dalla conoscenza. Un semplice pap-test, effettuato anche una sola volta nella vita, basterebbe per prevenire il tumore e dimezzare la mortalità».
Da quest’anno, inoltre, Cesvi è presente nell’Ospedale di Kingasani di Kinshasa, dove segue il percorso delle donne affette dal tumore ed esegue interventi chirurgici ed è proprio da questo Centro che arriva la storia di Nene che, con il suo coraggio, è un esempio da seguire per tutte le donne congolesi. Nene, 43 anni, è nata in Congo, in una famiglia di cinque figli. È una persona istruita ma nonostante ciò, non fa controlli ginecologici regolari né tanto meno si è mai sottoposta a una visita specialistica per il tumore al collo dell’utero. Nell’aprile del 2015, però, accade qualcosa: Nene perde una cugina a causa di un cancro al collo dell’utero. Per questo, quando viene a sapere da una delle sue sorelle che ogni mercoledì, presso il centro ospedaliero di Kingasani, un’équipe di medici e di infermieri svolge un’attività gratuita di screening, decide subito di farsi visitare. Sa che è importante non rimanere nell’ignoranza. Nel Centro l’Associazione Patologi Oltre Frontiera, nell’ambito del progetto “Women profile for Africa”, si occupa di formare il personale sanitario affinché sappia effettuare l’attività di screening, pap-test, colposcopia e sensibilizzazione. La lettura dei vetrini di laboratorio avviene direttamente al centro ospedaliero. «In Congo ci sono molto superstizioni- spiega Nene-Si pensa ad esempio che il cancro sia causato dalla stregoneria e ci si rivolge ai guaritori tradizionali per farsi curare». Prima di fare l’esame Nene è tranquilla: gli operatori del centro le hanno spiegato che, anche se l’esito dovesse essere positivo, la malattia sarebbe ad uno stadio iniziale e potrebbe farsi curare. «Dopo la mia visita, in attesa dell’esito- spiega -ho cercato di parlare dell’importanza di sottoporsi al test con il maggior numero possibile di donne e di portarle qui a fare la visita. Sono riuscita a convincerne due. Molte di loro mi hanno detto di sì, ma poi non sono venute. Ho parlato anche con una mia amica: sua suocera faceva l’infermiera e le aveva detto di non farsi visitare perché, se fosse risultata positiva, sarebbe morta di preoccupazione». L’esito della visita di Nene è negativo. Lo viene a sapere al telefono, tramite una chiamata dall’ospedale che le anticipa il risultato. Nene, naturalmente, è molto felice. Ora continua il suo impegno per sensibilizzare altre donne a sottoporsi alla visita. Perché la conoscenza è tutto e un semplice test può salvarci la vita.

La foto di Nene nell’apertura del post è © di Giovanni Diffidenti