Diario di viaggio in Eritrea sulle tracce del vescovo missionario Luca Milesi. Verso Barentù

Eritrea Barentu Capanna

Venerdì 1° marzo: verso Barentù

Questa mattina, non appena monsignore avrà espletato i suoi impegni, partiremo per Barentù, che dista dall’Asmara circa 240 chilometri e si trova nella zona occidentale dell’Eritrea, verso il Sudan, in un grande bassopiano semideserto. È lo scopo principale del nostro viaggio in Eritrea.

Don Giuseppe nella santa messa del mattino ci ha dato occasione di meditare su Giuseppe il sognatore… non è Dio che ha bisogno del nostro amore, ma noi che abbiamo bisogno di lui. Dobbiamo quindi eliminare dalla nostra vita la violenza, l’invidia e la bramosia, che sono la sorgente di tutti i mali.

La bellezza di pregare insieme

Mentre aspettiamo monsignor Luca, che non arriva, prendiamo un po’ di sole sul terrazzo della casa ed osserviamo il giardino e l’orto dove sono coltivati i grossi ravanelli. Ci sono anche le api in un’arnia molto rudimentale. Sono proprietà privata di Aragù, che le accudisce amorevolmente.

Nell’attesa, don Giuseppe ci invita a recitare il rosario nella cappellina ed osserviamo all’entrata la foto della benefattrice tedesca dell’istituto. Devo dire che è bello pregare insieme.

Finalmente, alle 11.00 arriva monsignor Luca, vestito di bianco, con un cappello di paglia, gli occhiali scuri e la ventiquattro ore: sembra proprio un manager! 

È pronto per condurci con la sua Land Rover coperta fino a Barentù.

Attraversiamo Asmara e vediamo il grande monumento che simboleggia il cammino della libertà: due enormi sandali africani! 

Pochi segni della presenza dell’uomo

La capitale è priva di periferia. All’improvviso ci troviamo in un territorio arido e privo di abitazioni. Qualche albero di palissandro appena piantato e tanti muretti che trattengono il terreno sono l’unico segno della presenza dell’uomo, lavoro degli studenti eritrei durante le vacanze estive.

La strada, per nostra fortuna, è stata asfaltata dopo il 1996. Tuttavia all’inizio abbiamo qualche piccolo problema a stare in equilibrio, dal momento che il vescovo guida in modo assai sportivo e disinvolto, tanto che don Giuseppe si procura delle vesciche sulle mani a forza di stare aggrappato alla maniglia anteriore.

Dopo un paio d’ore arriviamo a Cheren una grossa borgata di edifici in muratura, posta ad un’altitudine di mille metri inferiore rispetto all’Asmara. 

Monsignor Luca ci porta nell’unico ristorante della zona per il pranzo. Il locale è poco accogliente, il cibo, risotto e verdure e caffè, non è certo paragonabile a quello frugale, ma appetitoso della casa di Aragù.

Euforbie come candelabri enormi ed elegantissimi

Riprendiamo il viaggio e anche don Giuseppe si abitua a poco a poco alla guida di monsignor Luca.

La strada scende gradualmente verso il bassopiano, in una serie di stretti tornanti. Sui fianchi della camionabile le pareti sono a picco, ma sul terreno arido, color sabbia, cresce un buon numero di grossi alberi: acacie, rari baobab, eucalipti, euforbie che sembrano candelabri enormi ed elegantissimi con i loro bellissimi fiori color rosso granato.

 Per tutto il viaggio incontriamo solo un fuoristrada condotto da un geometra che si ferma a salutare il vescovo.

Oramai sono le 15.00 e mancano ancora 150 chilometri alla meta. Ora si iniziano a vedere i primi villaggi con i tucul. Entriamo in uno di questi, per una strada affollata di bambini, donne dai vestiti multicolori, uomini che conducono asinelli carichi di vettovaglie e qualche cammello. 

(continua. Leggi la puntata precedente qui)